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Dell'accountant fidarsi e' bene... non fidarsi e' meglio?

, di Mara Cameran e Ariela Caglio - rispettivamente, docente dell'Area amministrazione, controllo, finanza aziendale e immobiliare, e assistant professor del Dipartimento di accounting della Bocconi
Contabilita'. I risultati di una rilevazione condotta su 1.700 studenti universitari e professionisti propongono alcuni elementi di riflessione

I recenti scandali contabili hanno messo sul tavolo il tema dell'etica: quale impatto hanno avuto bilanci gonfiati, manager senza scrupoli e risparmiatori truffati, sulla percezione pubblica dell'etica dei professionisti dell'amministrazione? La professione è ancora ritenuta in grado di tutelare e servire il pubblico interesse? A tale domanda, cruciale per la sopravvivenza della professione stessa, che fonda sul concetto di 'accountability', ossia di 'affidabilità', la sua ragione d'essere, risponde una recente ricerca condotta grazie all'analisi di circa 1.700 questionari, compilati da studenti universitari e da accountant professionisti.

In prima battuta, le analisi condotte evidenziano che l'associazione tra 'accountants' e 'corruzione' è marginale (3% del campione). Gli scandali non sembrano avere lasciato strascichi rilevanti per la reputazione della professione. Tutto bene, dunque? L'onore è salvo e gli accountants sono fuori pericolo? A un'analisi più attenta, in realtà, i dati raccolti evidenziano che le opinioni sull'onestà degli amministrativi sono positive, ma molto vicine alla neutralità (su una scala da 1 a 5, dove 3 è il punto di indifferenza, la media del campione è 3.3) e che esistono, all'interno del campione, opinioni differenziate in merito all'integrità degli accountants. Ad esempio, le risposte delle donne, se confrontate con quelle degli uomini, danno un'immagine molto più positiva di questi professionisti, così come i meno giovani hanno percezioni più favorevoli rispetto ai più giovani. Il che potrebbe suggerire, per le associazioni professionali o per le aziende che si occupano di revisione e che fanno consulenza in campo amministrativo, politiche di comunicazione mirate, con l'obiettivo di rafforzare la percezione dell'etica professionale presso alcuni target di popolazione. Inoltre coloro che hanno seguito corsi di accounting alle scuole superiori sono molto più sensibili al tema dell'etica rispetto a chi lo ha fatto all'università. Tale evidenza mette in luce l'opportunità di affrontare in maniera esplicita, nei percorsi universitari, temi cui attualmente non è dedicata grande attenzione, quale appunto quello dell'etica professionale, con l'obiettivo di fornire agli studenti gli strumenti per riconoscere e affrontare adeguatamente situazioni future potenzialmente ambigue e problematiche. Infine, chi già opera in campo amministrativo da tempo ha una percezione meno positiva dell'etica professionale rispetto a chi lavora da poco: è solo una questione di, chiamiamola, esperienza sul campo? Forse sì, ma l'indicazione che viene da questo dato è che l'etica è un'area di formazione che dovrebbe essere oggetto di riqualificazione e aggiornamento continuo. Da ultimo, ulteriori spunti di riflessione sono emersi dalla definizione delle dimensioni comportamentali che sono associate alla nozione astratta di etica. A livello di campione complessivo, tali dimensioni riguardano (non sorprendentemente) il rispetto della legge, la riservatezza e l'impegno sul lavoro. Vi è, però, un gap di percezione tra chi esercita e chi non esercita la professione. Ad esempio, per coloro che lavorano presso società di revisione, è etico chi rispetta la legge ed è onesto, mentre chi non esercita né intende esercitare la professione suggerisce un'idea di etica professionale più articolata. Tale visione va oltre la semplice aderenza alla norma e la mera richiesta di onestà, includendo tratti personali che i professionisti dell'amministrazione dovrebbero possedere per essere percepiti come onesti e affidabili. Si rimette così in discussione l'idea di professionalità e correttezza legata al possesso delle sole competenze tecnico specialistiche, enfatizzando, invece, la necessità di alcune soft skills, quali le capacità di fare team, di condividere e collaborare e di mettere la propria conoscenza al servizio degli altri.