Per sviluppare il prodotto bisogna guardare all'interno
Quando Gaia Rubera, professore associato del Dipartimento di Marketing della Bocconi, ha iniziato a studiare il modo in cui le imprese ricorrono a idee esterne al fine di migliorare i propri prodotti, il concetto di open innovation era relativamente nuovo. "Gli articoli accademici erano basati su case studies: mancava una ricerca quantitativa sul funzionamento effettivo della open innovation (OI) e sugli effetti su una molteplicità di imprese. Inoltre", spiega Rubera, professore associato al Dipartimento di Marketing, "vi era l'idea che bastasse essere 'aperti' per risolvere i problemi di innovazione. Infine, si pensava che la OI servisse ad aumentare il numero di prodotti lanciati sul mercato, non ad affinarne il carattere innovativo".
Rubera, Andrea Ordanini (direttore del Dipartimento di Marketing Bocconi) e Deepa Chandrasekaran hanno perciò raccolto dati sul grado di apertura e sulle competenze interne delle imprese italiane e li hanno incrociati con un database sul livello di innovatività dei prodotti introdotti nei supermercati. Inoltre, hanno operato una distinzione fra due tipi di inbound open innovation: da una parte l'utilizzo di idee e conoscenze tecnologiche provenienti dall'esterno nella fase di sviluppo del prodotto (la cosiddetta development-centric OI), dall'altra l'acquisizione di prodotti finiti o quasi (commercialization-centric OI). I risultati sono contenuti nel paper Open innovation, product portfolio innovativeness and firm performance: the dual role of new product development capabilities, pubblicato nel 2015 dal Journal of the Academy of Marketing Science. "Abbiamo dimostrato che essere 'aperti' non è sufficiente: quando si fa development-centric OI sono necessarie competenze interne già sviluppate per lavorare sugli input. In questo caso, la OI non colma il gap fra imprese più e meno innovative, anzi paradossalmente lo accresce. Nel caso della commercialization-centric OI, le imprese meno innovative riescono a coprire il gap nel breve periodo, ma nel lungo periodo rischiano di atrofizzare le proprie competenze".
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