Aule come tribunali e team come studi legali
Nella scuola di Giurisprudenza le esperienze di “Learning by doing”, o meglio ancora, di “Law in action”, sono state istituzionalizzate tanto da essere applicate in diversi gradi in molte aule. “Lo strumento dei processi simulati, per esempio, è diffuso in molti insegnamenti e, sostanzialmente, prevede la creazione di squadre di studenti che si confrontano tra loro, sostenendo le ragioni dell’una e dell’altra parte”, riassume Mariateresa Maggiolino, ordinaria di Diritto dell'Economia e direttrice del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza. “Da cinque anni però abbiamo anche diverse iniziative internazionali di Moot Court Competition, nelle quali gli studenti, sotto la guida di un docente, affrontano un caso reale prendendo le parti di accusa e difesa e confrontandosi con altre università e scuole straniere in round successivi che simulano le diverse udienze. Si passano così i livelli di selezione, come in un campionato, e si arriva a un vincitore finale. È un laboratorio al quale si può partecipare al quarto o quinto anno e che sta riscuotendo molto successo tra gli studenti, tanto che dobbiamo prevedere un’application e una selezione per regolamentarne l’accesso”. Il corso può essere equiparato a un corso opzionale o ad altre attività assimilabili, non rilascia un voto in trentesimi, ma un certificato di idoneità e sei crediti formativi.
Oltre a quello che accade durante un dibattimento, nell’esercizio quotidiano del diritto ci sono prassi di grammatica e di uso della lingua che non si possono derogare e alle quali sono dedicate specifiche iniziative di didattica innovative. È il caso dei seminari in Scrittura giuridica. “La lingua, per il giurista, è uno strumento di lavoro e richiede attenzione, esercizio e misura”, spiega Marcello Gaboardi, professore di Diritto processuale civile e di Diritto fallimentare, e delegato dal Dean della Law School per le Moot Court Competition. “Per allenare queste qualità abbiamo avviato due corsi brevi di Scrittura giuridica in ambito civile o penale, pensati come opzionali per chi è agli ultimi due anni di corso, nei quali gli studenti si esercitano nella stesura di tre atti stragiudiziali e tre atti processuali sulla base di tracce che il docente compone inserendo volutamente numerosi dettagli o informazioni opinabili. Anche in questo caso, l’esercitazione si conclude poi con la simulazione di un processo”.
Ancora più vicine alla pratica sul campo delle professioni legali sono le Legal Clinic, nelle quali docenti e studenti della laurea magistrale in Giurisprudenza prestano la propria opera in contesti difficili quali, per esempio, il carcere di Bollate o la casa circondariale di Milano San Vittore. Nati su iniziativa dell’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, gli sportelli legali in carcere hanno il duplice scopo di supportare le persone su questioni giuridiche, affiancandole nel momento della privazione della libertà, e insieme quello di sollecitare il coinvolgimento degli stessi detenuti come volontari. In Bocconi questa esperienza è coordinata da Melissa Miedico, professoressa di diritto penale e responsabile del progetto Clinica legale. Per accedere all’esperienza ogni anno si svolgono tre round di selezioni aperte a studenti iscritti al quarto e al quinto anno di Giurisprudenza che abbiano non solo un interesse prevalente per il diritto penitenziario, di famiglia o dell’immigrazione, ma anche precisi requisiti di rendimento. Il lavoro è organizzato come quello di un vero studio legale: ci sono gli incontri in carcere con i detenuti e i reclusi, le stesure dei report sui casi e le riunioni in team per dividersi i compiti che possono essere di ricerca o di contatto con consolati, avvocati ed educatori per affiancarli nella stesura di istanze e richieste.