Come è green il diritto
I primi a occuparsi di tutela ambientale sono stati molto probabilmente gli antichi romani quando, per esempio, si trattava di limitare l'eccessivo sfruttamento delle foreste legato alle necessità delle attività edilizie e della cantieristica, con i conseguenti dissesti idrogeologici che provocarono frequenti inondazioni. E si continuò a parlarne nei secoli successivi, con estemporanei editti a difesa di corsi d'acqua, boschi, specie animali. Ma è solo dagli anni '60 del secolo scorso che il diritto ambientale, in modo specifico quello italiano, incomincia a essere normato in maniera metodica fino a diventare una branca del diritto vero e proprio. Con continui aggiornamenti e integrazioni a livello locale, nazionale e sovranazionale. Ne parliamo in questa intervista con Miriam Allena, professoressa associata presso il Dipartimento di studi giuridici dell'Università Bocconi e componente della Commissione, istituita dal ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con quello delle Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, che avrà il compito di redigere il nuovo Testo Unico dell'ambiente in aggiornamento del precedente, datato 2006.
Quando sarà pronto il vostro lavoro?
Di tempi non abbiamo parlato, anche se la Commissione è già operativa. Ci siamo suddivisi in varie sottocommissioni per lavorare su temi specifici anche con l'ausilio di esperti che ci supporteranno. Dovremo produrre un documento entro la fine della legislatura.
Partiamo dall'inizio: che cosa si intende con "diritto dell'ambiente" o "diritto ambientale"?
Il diritto dell'ambiente può essere inteso come l'insieme di tutte quelle normative che a vario livello, internazionale, europeo, nazionale, regionale, dettano regole per la tutela dell'ambiente, ovviamente così come interpretate dalle varie Corti sovranazionali, europee, nazionali. Anche se la tendenza attuale, in realtà, più che di diritto dell'ambiente, è quella di parlare di diritto delle generazioni future e di sviluppo sostenibile.
Dobbiamo tutelare l'ambiente per le generazioni future, per le persone. Ma nello stesso tempo è dalle persone e dalle loro attività che dobbiamo salvaguardarlo...
Il tema della tutela dell'ambiente non è come altri ambiti del diritto, ma ha a che fare con la sopravvivenza stessa degli esseri umani. Per questo è un tema molto complesso. Facciamo un esempio: se consideriamo il diritto penale, il suo scopo è evitare che ci siano crimini. Ma nel diritto dell'ambiente non si può dire "evitiamo che ci siano attività produttive che inquinano l'ambiente", è più complesso di così. Bisogna trovare un equilibrio tra le esigenze della produzione e dello sviluppo economico, da un lato, e quelle della tutela dell'ambiente dall'altro.
Il Testo Unico precedente è datato 2006. Quanto sono cambiate le cose in questi anni?
Molto, ed è impellente l'esigenza di aggiornarlo. Anche se, nel corso degli anni, il testo del 2006 è stato più volte modificato per renderlo attuale e per recepire le nuove direttive e i nuovi orientamenti europei, con il risultato però di rendere il testo complessivo un disorganico e, almeno in alcune parti, poco chiaro. Di qui la necessità di procedere a una riscrittura. Per quanto riguarda i contenuti, si sono evoluti tantissimo, sono aumentate le tutele sulla spinta di tematiche come la lotta ai cambiamenti climatici, la transizione energetica, la regolazione ESG.
Il punto di svolta si è avuto con il riconoscimento, nel 2022, dell'ambiente quale oggetto di specifica tutela all'interno della Costituzione. Che cosa ha comportato in concreto?
Sono stati modificati due articoli, l'articolo 9 e l'articolo 41. In particolare, il 41 è la norma che disciplina che sono i rapporti tra la tutela dell'ambiente e l'iniziativa economica e dice espressamente che l'attività economica privata non può svolgersi in contrasto con una serie di interessi, tra cui, oggi, anche la tutela dell'ambiente. Il cambio di prospettiva, che è maturato nel corso degli ultimi vent'anni, è proprio il nuovo ruolo delle imprese e dei soggetti privati, che vengono visti come attori in prima linea, cioè non sono più soltanto coloro che devono rispettare la normativa ambientale. Cambia il ruolo delle imprese, le quali devono avere come scopo non soltanto fare utili, ma anche tutelare l'ambiente e prendersi cura della comunità del territorio nel quale operano. E' un vero e proprio cambiamento di prospettiva.
Il nuovo Testo Unico sarà valido a livello italiano, ma la tematica ambientale è di per se stessa molto internazionale. A quali riferimenti guarderete?
Il diritto dell'ambiente è innanzitutto un diritto di derivazione europea. E quindi la nostra Commissione dovrà guardare al diritto europeo in primo luogo, che significa direttive, regolamenti europei e anche sentenze della Corte di giustizia. Ma il diritto europeo è influenzato a sua volta dal diritto internazionale, pensiamo alla tematica del climate change che non può essere regolata solo a livello europeo. Il tema è che o si riescono ad avere degli accordi globali oppure sostanzialmente non si può progredire, perché l'Europa può essere anche bravissima nella lotta ai cambiamenti climatici, ma da sola non fa la differenza.
E non è l'unica complessità. Perché il diritto dell'ambiente è un diritto globale ma, anche, multilivello.
Certo. A volte le normative europee e quelle locali possono entrare in contrasto. Prendiamo per esempio il tema della qualità dell'aria e l'invito all'utilizzo delle biomasse nella lotta ai cambiamenti climatici. Se si utilizzano le biomasse per il riscaldamento, per esempio le stufe a pellet, avrai in certe zone dove questa pratica è diffusa un peggioramento della qualità dell'aria, perché paradossalmente le stufe a gas, pur se più impattanti per il clima, sono invece meno impattanti sulla qualità dell'aria. Il diritto dell'ambiente ha una complessità particolare, è un diritto globale per eccellenza, però è multilivello e ogni livello (sovranazionale, europeo, statale, regionale, locale) deve cercare di fare i conti con gli altri.
Le grandi tematiche ambientali rischiano di creare un solco ancora più profondo tra nord e sud del mondo.
E' provato, lo dicono i documenti internazionali, che i paesi più poveri stanno soffrendo le conseguenze più pesanti dell'inquinamento. Molto di questo inquinamento è creato tra l'altro dai paesi occidentali e in ogni caso i paesi poveri, se non riescono ad avere uno sviluppo sostenibile, perché è più costoso, rischiano comunque di partire con tecnologie che sono quarant'anni indietro rispetto a quelle che stiamo utilizzando in Europa. I paesi occidentali devono implementare, nei paesi del sud del mondo, ossia nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati, le tecnologie green: questo per far sì che loro non rifacciano tutto il percorso che abbiamo fatto noi, che negli anni '50 avevamo le mascherine a Londra perché c'era il carbone e l'aria era inquinatissima. Adesso abbiamo le conoscenze e, una volta tanto, possiamo fare in modo che dalla storia si impari qualcosa.
Che cosa si intende per Green Deal europeo?
E' un grande piano di finanziamenti e di riforme, volto a indirizzare lo sviluppo nel senso della tutela dell'ambiente e sul Green Deal si innesta poi il Next Generation EU, che è il piano che l'Unione europea ha approvato subito dopo il Covid per far ripartire l'Europa, nel quale una delle linee essenziali è proprio la linea green. Prevede il coinvolgimento dei privati e una transizione energetica con la conversione di molte attività da non sostenibili a sostenibili. Ma questa transizione non sarà senza costi: pensiamo alla possibile perdita di posti di lavoro, tanto che l'Unione Europea ha stanziato uno specifico fondo (just transition fund) proprio per farsi carico di questi costi sociali.
Come è messa l'Italia dal punto di vista della tutela ambientale?
L'Italia fa parte dell'UE e quindi ne recepisce le direttive. Nell'ambito della transizione energetica si sta lavorando bene e in questo i fondi del PNNR sono di grande aiuto. E' un momento storico sicuramente propizio per fare tanti investimenti nella materia ambientale, di certo non ci mancano le buone norme e i buoni giuristi. Ci vuole però anche una volontà condivisa, perché le buone norme, come sappiamo, vanno attuate dalle pubbliche amministrazioni, interpretate dalle Corti, rispettate dai privati ...