Solo con l'uguaglianza in famiglia la rivoluzione di genere sara' completa
Con l'aumento dell'istruzione superiore delle donne e la loro maggiore presenza nel mercato del lavoro, si è compiuta solo una prima metà della rivoluzione di genere. Le donne lavoratrici, infatti, sopportano il nuovo onore continuando ad essere le principali fornitrici di lavoro domestico e di cura della famiglia, spesso con la conseguenza di essere costrette a lasciare il mercato del lavoro o di rinunciare ad avere più figli.
Uno studio di Paola Profeta, professoressa di Economia Pubblica e direttrice dell'AXA Research Lab on Gender Equality alla Bocconi, e di Ester Fanelli (Brown University), di prossima pubblicazione su Demography, mostra che il coinvolgimento dei padri nei lavori domestici e (in misura minore) nella cura dei figli ha un impatto positivo sia sulle decisioni di riproduzione che sull'occupazione a tempo pieno della madre. La collaborazione contribuisce ad alleviare l'incompatibilità tra lavoro e famiglia, sostenendo la decisione della madre di continuare a lavorare e di avere un secondo figlio. La ricerca sociale e demografica ha infatti osservato che persistono sufficienti incentivi biologici, psicologici e sociali ad avere almeno un figlio e che la percentuale di donne che intendono averne due è molto alta nella maggior parte dei paesi sviluppati - ma molte di loro sono costrette a rinunciare.
Gli autori utilizzano i dati delle due fasi del Generations and Gender Survey (GGS) in cinque paesi dell'Europa centrale e orientale (Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Russia). La caratteristica essenziale del GGS è quella di intervistare gli stessi individui in due fasi successive, a due-tre anni di distanza: questo permette di analizzare l'effetto della divisione dei compiti domestici durante la prima intervista sulla probabilità di una seconda nascita e su quella che la madre non lasci il mercato del lavoro prima della seconda intervista.
I risultati mostrano che il coinvolgimento del padre nei lavori domestici aumenta del 62% la probabilità che una madre lavoratrice abbia un secondo figlio continuando a lavorare, mentre l'effetto del coinvolgimento del padre nella cura dei figli è positivo, ma non statisticamente significativo.
In dettaglio, il coinvolgimento del padre nei lavori domestici aumenta la probabilità di avere un secondo figlio del 27% e aumenta la probabilità che la madre continui a lavorare del 48%. L'effetto del coinvolgimento del padre nella cura dei figli è di entità simile per la probabilità di avere un secondo figlio, ma statisticamente significativo solo per alcuni sottocampioni di intervistati, ed è nullo per la probabilità di rimanere nel mercato del lavoro.
Le decisioni di riproduzione e lavoro degli uomini sono invece slegate dal lavoro domestico e di cura dei figli delle madri, in linea con il fatto che le donne contribuiscono sempre alle attività domestiche e di cura dei figli, mentre gli uomini sono contributori marginali.
"I nostri risultati confermano che la parità di genere nella sfera privata può rafforzare la parità di genere nella sfera pubblica", conclude Profeta. "Le politiche che incoraggiano una divisione simmetrica del lavoro all'interno della coppia, come i congedi di paternità obbligatori, possono sostenere il modello familiare a doppio reddito e la ripresa dei tassi di natalità, portando verso un equilibrio più egualitario di genere, in cui le madri lavorano e le coppie realizzano i propri desideri di maternità e paternità".
Ester Fanelli, Paola Profeta. "Fathers' Involvement in the Family, Fertility and Maternal Employment: Evidence from Central and Eastern Europe". (di prossima pubblicazione) in Demography.