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Perche' l'arbitrato di classe potrebbe affermarsi anche in Italia

, di Fabio Todesco
Marcello Gaboardi, in un'analisi comparatistica, trae alcuni insegnamenti dai sistemi di common law e conclude che l'arbitrato di classe e' compatibile con le norme processuali italiane

Una comparazione con i sistemi giuridici di common law suggerisce che l'arbitrato di classe sia compatibile con il sistema giuridico italiano, che attualmente non prevede alcuna disposizione in materia. Questa è la principale conclusione di Marcello Gaboardi, assistant professor di diritto processuale civile e diritto fallimentare presso il Dipartimento di Studi Giuridici della Bocconi, nel suo New Ways of Protection of Collective Interests: The Italian Class Litigation and Arbitration Through a Comparative Analysis (di prossima pubblicazione sul Journal of Dispute Resolution).

La maggior parte degli ordinamenti giuridici contiene disposizioni processuali relative al contenzioso rappresentativo che consente al singolo di agire in giudizio in sostituzione di altri soggetti permettendo così di ridurre i costi e disincentivi del contenzioso individuale. L'affermazione della representative litigation è stata più veloce nel mondo anglo-americano e assai più lenta nei sistemi giuridici dell'Europa continentale. L'Italia si è risolta a regolare la class action solo nel 2010. Nel 2019, tuttavia, l'ambito di applicazione della class action è stato ampliato, introducendo nuovi casi ammissibili e la possibilità di aderire alla class action anche dopo la sentenza.

Il fatto che la disciplina italiana (come quella della maggior parte dei paesi dell'Unione Europea) non abbia disposizioni sull'arbitrato di classe non preclude la sua praticabilità, secondo Gaboardi, perché, in ogni caso, essa si baserebbe sull'accordo delle parti, i cui diritti non sarebbero dunque violati. Infatti, i membri della classe, così come possono partecipare al contenzioso collettivo mediante una semplice dichiarazione personale di adesione, con le stesse modalità potrebbero anche prendere parte ad un arbitrato di classe in conformità alla natura consensuale del procedimento arbitrale. I membri della classe sarebbero chiamati a firmare un accordo commerciale in cui è presente una clausola arbitrale e a diventare parti dell'arbitrato dichiarando di aderire al procedimento di classe.

In secondo luogo, le norme procedurali non possono essere un ostacolo all'arbitrato di classe. Anche se, nella tradizione processuale italiana, il processo civile contrappone due parti determinate, le norme sulle class action rappresentano già un valido modello alternativo a questa visione tradizionale del processo. Per quanto difficile, non è poi nemmeno impossibile conciliare il fatto che le parti di un arbitrato devono scegliere personalmente l'arbitro (o il collegio arbitrale) a cui devolvere la decisione della lite con il modello della class action e, in particolare, con la natura indeterminata o presunta dei membri della classe. L'atto di adesione all'arbitrato di classe può infatti costituire il valido strumento per condividere l'arbitro che sia stato nominato da chi ha promosso l'azione di classe.

Contro coloro che sostengono che un arbitrato di classe non abbia vantaggi rispetto ad una semplice class action perché più costoso del contenzioso civile, Gaboardi risponde che i costi potrebbero essere suddivisi tra i componenti della classe, con il chiaro beneficio di ridurre enormemente i tempi del procedimento e incrementare le probabilità di un accordo transattivo. Nell'esperienza nordamericana le grandi imprese spesso impongono clausole arbitrali nei contratti con i consumatori per impedire a questi ultimi di adire i tribunali nazionali con l'azione di classe. Le azioni collettive rendono infatti più difficile per le imprese difendersi efficacemente contro un gran numero di richieste di risarcimento simili ma diverse. L'ammissione dell'arbitrato di classe impedisce invece di utilizzare la clausola arbitrale come espediente sleale per bloccare il contenzioso di classe.

Gaboardi è ottimista sulla possibilità di introdurre realmente l'arbitrato di classe anche in Italia. «Non si tratta affatto di un puro esercizio accademico», dice, «perché la legge italiana guarda ormai con favore all'azione collettiva, come confermato dal recente rafforzamento del suo regime normativo e dall'esperienza, sicuramente ancora modesta ma non irrilevante, dell'azione di classe in questi ultimi anni».