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Le quote di genere migliorano la qualita' dell'intero cda

, di Fabio Todesco
Quando le quote sono state introdotte in Italia, secondo un nuovo studio di Paola Profeta, si sono registrati miglioramenti non solo nella presenza femminile, ma anche nell'istruzione e nell'eta' dei consiglieri. Senza costi in termini di performance aziendale e valore delle azioni

La legge Golfo-Mosca, dieci anni fa, ha reso obbligatoria una rappresentanza equilibrata di genere nei consigli di amministrazione delle società italiane quotate. Secondo uno studio di Paola Profeta, pubblicato su Management Science, la legge ha raggiunto i suoi obiettivi e ha migliorato il processo di selezione non solo per le donne ma anche per gli uomini, senza alcun costo a breve termine in fatto di performance finanziaria dell'azienda o di valore delle azioni.

"Notiamo che, quando le quote di genere sono applicate, le aziende mostrano una quota più alta di donne nel cda (ben al di sopra della soglia richiesta), livelli medi di istruzione più alti di tutti i membri del consiglio, e meno membri anziani rispetto al periodo precedente. I nostri risultati suggeriscono che le quote di genere cambiano il processo di selezione dell'intero consiglio. Pur dovendo selezionare più donne, non troviamo un aumento di consigliere appartenenti alla famiglia proprietaria dell'azienda, né un chiaro aumento del numero medio di posizioni ricoperte da ciascuna donna", dice Paola Profeta, professore di Scienze della finanza e direttore dell'AXA Research Lab on Gender Equality alla Bocconi.

Infografica di Weiwei Chen
La legge sulle quote non è stata applicata contemporaneamente a tutte le aziende, perché in Italia le elezioni dei consigli di amministrazione si tengono ogni tre anni in una data decisa da ciascuna impresa. Dopo l'introduzione della Golfo-Mosca, la quota di donne è aumentata tra gli 11,41 e i 16,32 punti percentuali. La quota di consiglieri con una laurea è aumentata tra 2,54 e 4,05 punti percentuali (dato che la media prima della riforma era 7,54, si tratta di un aumento notevole). Si registra anche un leggero aumento della quota di consiglieri con meno di 55 anni. Tutti gli effetti sono più forti nelle aziende che non avevano donne nel consiglio prima della riforma.

Quando le quote furono introdotte, però, gli oppositori sostenevano che la riforma poteva avere conseguenze costose. Agendo sulla composizione dei cda piuttosto che sulle opportunità di farne parte, le quote avrebbero potuto promuovere individui meno qualificati, con la possibilità di prestazioni scadenti. Lo studio dimostra che i critici avevano torto.

Per analizzare questo punto, Profeta e le sue co-autrici (Giulia Ferrari, INED; Valeria Ferraro, Boston College; Chiara Pronzato, Università di Torino) hanno raccolto manualmente i dati individuali di tutti i consiglieri di amministrazione delle società italiane quotate nel periodo 2007-2014 (4.732 individui unici), così come i dati a livello aziendale sui risultati rilevanti (243 società) e i prezzi di borsa.

Gli studiosi non trovano alcuna relazione tra la quota di donne amministratore e le misure della performance di una società. Anche la reazione del prezzo delle azioni sembra essere neutrale, ma viene individuato un effetto negativo della quota di donne sulla volatilità delle azioni. "La nostra interpretazione è che un consiglio di amministrazione più equilibrato dal punto di vista del genere venga percepito dal mercato come meno rischioso", conclude Profeta.

Giulia Ferrari, Valeria Ferraro, Paola Profeta, Chiara Pronzato, "Do Board Gender Quotas Matter? Selection, Performance and Stock Market Effects." Management Science, pubblicato online. DOI: https://doi.org/10.1287/mnsc.2021.4200