La materialita' nell'informativa non finanziaria
La rendicontazioen non finanziaria è il punto di partenza per comprendere le politiche di un'azienda per gli investitori interessati ai temi ambientali, sociali e di governance (ESG). Dal 2018, la direttiva UE sull'informativa non finanziaria (direttiva NFR) ha richiesto agli stati membri di rendere questi report obbligatori per le grandi aziende. Ma confrontare questi documenti per prendere decisioni di investimento è difficile, a causa della discrezionalità lasciata agli Stati membri e all'approccio di armonizzazione minima adottato dalla direttiva.
La nozione di "materialità" (rilevanza) è una fonte di incertezza. Il paper "Making Non-Financial Information Count: Accountability and Materiality in Sustainability Reporting" di Chiara Mosca (Professore Associato in Business and Company Law) e Chiara Picciau (Academic Fellow in Business and Company Law) sostiene che il concetto di materialità nella rendicontazione non finanziaria non può e non deve essere un duplicato della materialità nella regolamentazione di contabilità, revisione e mercati finanziari.
"Il problema ora è trovare una nozione di materialità valida nel mondo ESG", dice Mosca. La "materialità" ha una lunga tradizione in relazione alle informazioni finanziarie di breve termine, ma non con gli effetti a lungo termine dei comportamenti e delle esternalità delle aziende. La teoria della materialità può essere adattata alla rendicontazione non finanziaria. Per spostare l'attenzione, dobbiamo essere molto chiari su ciò che dobbiamo comunicare".
Il tema degli standard negli investimenti ESG è in rapida evoluzione e difficile da affrontare, dice Mosca. "Le aziende potrebbero fare del greenwashing con la loro comunicazione non finanziaria, e non calcolare i costi delle esternalità negative delle loro attività, che sono a carico della società nel suo complesso. A questo proposito, il quadro normativo europeo si sta evolvendo rapidamente, ma c'è ancora molto da fare."
La prima parte dell'articolo esamina il legame tra la corporate social responsibility e la sostenibilità, e la seconda parte esamina le strategie legali impiegate dal legislatore europeo per promuovere la sostenibilità, considerando fino a che punto il quadro normativo europeo sposti effettivamente l'attenzione della governance aziendale dagli azionisti agli altri stakeholder.
La terza parte sostiene che la materialità nella rendicontazione non finanziaria dovrebbe andare oltre il parametro dell'"investitore ragionevole", per prestare attenzione agli effetti delle questioni sociali e ambientali e ai rischi e alle opportunità a lungo termine.
Mosca e Picciau giungono a due conclusioni principali. La prima è che un ulteriore intervento legislativo dell'UE che disciplini le informazioni non finanziarie comparabili e standardizzate è necessario per sostenere le scelte di investimento ESG.
"L'impatto combinato della SHRD II, della MiFID II e della Non-Financial Disclosure Directive è quello di permettere e indurre gli investitori istituzionali e gli intermediari finanziari a prendere in considerazione i fattori ESG per fare scelte di investimento sostenibili. Un regime più forte di rendicontazione non finanziaria a livello europeo facilita questo risultato", dice lo studio.
In secondo luogo, la corporate governance si basa ancora, in ultima analisi, sugli interessi degli azionisti (non degli stakeholder) come parametro fondamentale rispetto al quale valutare la rendicontazione non finanziaria, anche se in una nuova dimensione socialmente e ambientalmente responsabile. Se le aziende vogliono essere più responsabili, hanno bisogno del contributo attivo degli azionisti.