Due rebus per comprendere i consumi
Gli effetti della crisi economica sui consumi permangono incerti, pur nel contesto generalizzato di autorevoli opinioni che sottolineano molteplici segnali di cambiamento e prevedono una radicale discontinuità per molti business. Le nostre ricerche evidenziano alcuni enigmi e alcuni punti fermi, sui quali è necessario riflettere in modo approfondito.
I principali enigmi si riferiscono alla soluzione di due rebus, il primo relativo alla dinamica dei consumi a livello internazionale, il secondo al recupero della fiducia dei consumatori. Il rebus dei consumi non è di facile soluzione perché chiama in causa da un lato l'evoluzione del tasso di risparmio nelle economie mature e dall'altro i possibili effetti di compensazione fra queste ultime e le economie emergenti. Il prevedibile incremento del tasso di risparmio in paesi come gli Stati Uniti e l'Inghilterra sarà compensato da una maggiore propensione al consumo dei paesi emergenti? Pur considerando questa ipotesi probabile, il rebus da risolvere riguarda sia i tempi necessari perché il suddetto bilanciamento avvenga (alla luce delle attuali dimensioni relative delle economie) sia le innovazioni da proporre per stimolare la domanda, e difendere i margini di profitto, in contesti socio-culturali assai diversi da quelli che caratterizzano le economie a capitalismo maturo. Il secondo rebus, di natura relazionale, si riferisce alle possibilità di recupero della fiducia dei consumatori nelle imprese. Com'è noto, in genere le difficoltà economiche erodono questa fondamentale risorsa intangibile e nell'attuale scenario le preoccupazioni al riguardo sono accresciute dall'analisi delle percezioni dei consumatori in merito alle azioni adottate dalle imprese per fronteggiare la crisi economica. Da una recente ricerca condotta in Italia dal Cermes Bocconi su Crisi economica e marketing emerge infatti che il 20,2% dei consumatori intervistati ha percepito una diminuzione della qualità dei prodotti, il 23,3% una riduzione delle innovazioni, il 40,5% un incremento dei prezzi. In sintesi, la crisi sembra avere ulteriormente indebolito il valore percepito nei prodotti e rafforzato le percezioni di opportunismo nei comportamenti delle imprese, destabilizzando brand trust e brand loyalty. Le certezze, evidenziate con chiarezza dalla ricerca suddetta, riguardano l'aumento dell'autodeterminazione dei consumatori, la rinnovata sensibilità al reale "value for money" di beni e servizi, la crescente centralità attribuita alle tematiche ambientali. In particolare, i consumatori ritengono che, quando la crisi sarà finita, diventeranno più esperti negli acquisti (89,5%), più consapevoli nei confronti delle imprese (80,2%), più attenti ai prezzi (84,8%), alla qualità (88,3%) e all'ecologia (81%), più orientati al risparmio (79%), alle promozioni (79%) e all'innovazione (57,4%). D'altro canto, le imprese avranno maggiori difficoltà a influenzare i comportamenti di consumo (80,2%) e dovranno attuare comportamenti più etici e rispettosi delle persone e dell'ambiente (86,7%). Queste evidenze impongono alle imprese risposte decise in termini di trasparenza, equità relazionale, verticalità e orizzontalità della proposizione di valore offerta al mercato, sostenibilità. Tutto ciò implica la riorganizzazione dell'intero value network, a partire dalle attività di progettazione e design di beni e servizi, e un costante orientamento all'attivazione di processi di innovazione collaborativi, che si estendano oltre i consolidati partner orizzontali e verticali, coinvolgendo anche i clienti finali. Il potenziale creativo di consumatori più consapevoli e self-confident rappresenta un'importante leva per rifondare le relazioni di mercato intorno a solidi valori. Le nuove tecnologie aiutano a raggiungere questo obiettivo favorendo la realizzazione di piattaforme collaborative aperte, che sempre più dovranno essere utilizzate per mettere al centro della strategia d'impresa il benessere autentico delle persone e della società.