Per diventare globali servono forti legami locali
Immaginate una casa automobilistica italiana che acquista un importante input da un'azienda giapponese (diciamo, batterie tradizionali). In seguito viene a conoscenza dell'esistenza di un tipo di batteria che può essere caricata in modo efficiente, prodotta da un'azienda americana di pannelli solari. L'azienda italiana e quella americana si impegnano così in una partnership per produrre un'auto elettrica a basso costo, la cui batteria è caricata ad energia solare. Per produrre tali batterie è necessario il litio, che viene fornito da un'azienda australiana che lo vende anche a un produttore di automobili cinese. Condividendo tale comune fornitore australiano, le due case sviluppano una certa fiducia, che le porta a lanciare una joint venture finalizzata alla produzione congiunta di un'auto per il mercato cinese di massa.
L'esempio mostra che, quando la globalizzazione decolla, lo fa molto velocemente, perché nuovi legami globali permettono la creazione di collegamenti ancora più nuovi e così via. La globalizzazione si alimenta di se stessa. Questa è una delle due principali conclusioni di uno studio di Fernando Vega Redondo e Georg Duernecker sulle caratteristiche delle reti che portano alla globalizzazione; l'altra è che una rete locale ben radicata è un prerequisito necessario per la globalizzazione.
Vega Redondo e Duernecker costruiscono un modello stilizzato di globalizzazione che, basandosi sulla teoria delle reti, sviluppa questa e molte altre intuizioni relative al processo di globalizzazione economica.
Poiché le nuove connessioni si formano attraverso quelle esistenti, troppa coesione locale (ovvero troppi collegamenti verso l'interno) può essere dannosa per la globalizzazione. In questo caso, infatti, i partner/amici dei vostri partner tendono ad essere già partner e quindi non aprono nuove opportunità. Ma, in un senso cruciale, è anche necessaria una certa coesione affinché la globalizzazione possa decollare, perché nelle relazioni economiche la fiducia è fondamentale nella formazione di nuovi legami e la fiducia si sviluppa solo se questi nuovi legami sono ben supportati da relazioni preesistenti. Pertanto, è necessario un grado sufficiente di coesione affinché la rete possa espandersi rapidamente e diventare veramente globale.
La globalizzazione economica è modellata come una situazione in cui gli operatori economici (diciamo le imprese), anche se lontani nello spazio (geografico, culturale o di conoscenza), sono collegati in un social network attraverso percorsi brevi. In questa rete due agenti si definiscono collegati se sono coinvolti in una relazione economica di scambio, partnership, investimento e così via, attraverso la quale può fluire informazione o, più in generale, conoscenza.
"In gran parte della letteratura empirica sulla crescita, l'apertura commerciale (il volume del commercio estero rispetto al Pil) è utilizzata come misura della globalizzazione", dice Vega Redondo, "ed è spesso ritenuta un'importante fonte di crescita. La nostra analisi empirica mostra che, al contrario, una misura decisamente migliore della globalizzazione è basata sulla rete. In sostanza, è la misura di quanto un paese sia lontano da altri paesi nella rete commerciale mondiale".
Georg Duernecker, Fernando Vega Redondo, Social Networks and the Process of Globalization, forthcoming in The Review of Economic Studies, doi: 10.1093/restud/rdx054