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Denaro digitale: se non puo' essere anonimo, deve offrire un rendimento

, di Fabio Todesco
Gli individui, e specialmente quelli propensi al rischio, preferiscono mezzi di pagamento anonimi, ma alcuni esperimenti suggeriscono che le banche e le banche centrali potrebbero emettere con successo denaro digitale scambiando l'anonimato con un rendimento

Gli esperimenti condotti da quattro professori della Bocconi suggeriscono che la mancanza di anonimato potrebbe impedire al denaro digitale emesso da banche e banche centrali di essere bene accettato dal pubblico, a meno che non sia accompagnato da un rendimento.

Emanuele Borgonovo, Stefano Caselli, Alessandra Cillo e Donato Masciandaro (insieme a Giovanni Rabitti, Heriot-Watt University) hanno condotto esperimenti su 98 studenti universitari per capire se l'anonimato è una componente rilevante della domanda di denaro.

Per i loro esperimenti, i ricercatori hanno progettato una serie di mezzi di pagamento (MdP) che mostrano diverse combinazioni di rischio di illiquidità (legato alla funzione standard del denaro come mezzo di scambio), rendimento atteso (legato alla funzione di riserva di valore) e anonimato (assumendo la protezione della privacy come una terza, nuova funzione del denaro).

Quando è stato chiesto di assegnare un valore a ciascun MdP, i partecipanti hanno dato un valore superiore dell'1,44% ai MdP anonimi con lo stesso rischio di illiquidità e lo stesso rendimento atteso di quelli non anonimi. Alla richiesta di suddividere un budget tra i due diversi MdP, il 75% ha scelto di assegnare l'intero budget al MdP anonimo, e l'allocazione media è stata dell'82% del budget.

"I risultati significano che l'anonimato di per sé conta", dice Masciandaro, "anche se, forse, meno del previsto. È un terzo attributo importante, dopo il rendimento atteso, costantemente classificato come la caratteristica più importante, e il rischio di illiquidità."

Gli individui inclini al rischio sembrano apprezzare l'anonimato più del resto della popolazione, secondo l'esperimento. "Ci sono diverse interpretazioni possibili di questo risultato", scrivono gli autori. "Per esempio, le persone potrebbero non volere che gli altri sappiano che amano il rischio. Cioè, poiché l'avversione al rischio è la norma sociale, gli agenti che amano il rischio possono avere un maggior desiderio di anonimato. Un'altra possibile interpretazione è che i soggetti propensi al rischio sono più inclini a fare affari illegali e, quindi, potrebbero gradire di più l'anonimato".

Ad ogni dato livello di anonimato, inoltre, per accettare maggiori rischi di illiquidità, gli individui richiedono un aumento più che proporzionale del rendimento atteso.

I risultati hanno implicazioni sia per gli emittenti di moneta digitale privata (come le criptovalute, esplicitamente fondate sulla capacità di facilitare transazioni quasi anonime), sia per le banche e le banche centrali interessate ad emettere moneta digitale pubblica.

Da un lato, il successo delle valute digitali private dipenderà dalla loro capacità di diminuire il rischio di illiquidità e aumentare il rendimento atteso garantendo credibilmente l'anonimato.

D'altra parte, gli esperimenti mostrano che l'attrattiva di una moneta digitale "dipende da come è progettata in termini di livello di privacy e meccanismi di interesse", concludono gli autori. "In linea di principio, il rischio di illiquidità della valuta digitale di una banca centrale è basso. Allo stesso tempo, sembra improbabile che gli individui ritengano che offra lo stesso anonimato del contante. I nostri risultati mostrano che offrire un rendimento potrebbe aiutare ad aumentare il suo appeal".

Emanuele Borgonovo, Stefano Caselli, Alessandra Cillo, Donato Masciandaro, Giovanni Rabitti, "Money, Privacy, Anonymity: What Do Experiments Tell Us?", Journal of Financial Stability, Volume 56, 2021, 100934, DOI: https://doi.org/10.1016/j.jfs.2021.100934.