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Antitrust e crisi, un difficile equilibrio

, di Emanuele Elli
Le politiche concorrenziali si allentano in tempi di crisi, ma le conseguenze possono rivelarsi dannose, secondo gli studi di Federico Ghezzi con Laura Zoboli

L'eccezionalità della crisi in corso, legata alle sue origini non economiche, alla sua violenza e all'impatto sulle dinamiche di mercato, ha costretto tutti gli attori del sistema economico a cercare e percorrere strade nuove. Anche le autorità antitrust hanno dovuto rivedere le proprie politiche e modalità di intervento per gestire l'attività istruttoria durante il lockdown e per individuare gli strumenti di enforcement idonei a tutelare la concorrenza in mercati improvvisamente contratti, deboli e disomogenei. "In generale, durante le crisi, le autorità tendono ad adottare un approccio più soft, meno rigoroso nei confronti delle imprese, per non aggravare le difficoltà delle aziende", osserva Federico Ghezzi, docente di Diritto commerciale e autore di due studi sull'argomento firmati con la collega Laura Zoboli, giurista dell'università di Varsavia. "Questo atteggiamento, tuttavia, nella storia si è già dimostrato controproducente perché, al finire della crisi, fa emergere un mercato meno competitivo e dinamico". (Clicca qui per uno dei due studi)

L'esempio di scuola è quello della crisi del 1929, quando i governi tolsero i controlli alle imprese, abbandonando quasi del tutto la disciplina antitrust e favorendo accordi di natura collusiva, e per questo risultarono molto meno efficaci nello sfruttare la ripresa. "Lo scopo dei nostri studi è stato quello di verificare che non si stessero commettendo gli errori del passato", prosegue Ghezzi. "In questi mesi abbiamo osservato che le autorità si sono mosse con equilibrio, continuando ad applicare la legge ma limitando gli interventi, assumendo un approccio maggiormente flessibile nelle procedure e cercando di adattarle per agire più rapidamente. Tra le maggiori novità, c'è stata una pronta e forte cooperazione tra autorità registrata in Europa e nel mondo per individuare il modus operandi migliore e stimolare le imprese a riprendere la produzione in modo da soddisfare nuovamente la domanda. Per questo è stata consentita, per esempio, una maggiore circolazione delle informazioni lungo le filiere produttive dei beni essenziali: dov'erano stoccati i prodotti, dove si potevano reperire le materie prime, come era possibile effettuare i trasporti... Ma il tema ha riguardato anche le imprese finanziarie, che hanno potuto dialogare per trovare un accordo tramite la loro associazione ASSOFIN al fine di adottare uno schema comune di moratoria per il credito al consumo da parte dei propri associati ".

I tempi non sono ancora maturi per potersi esprimere sull'effettiva bontà dell'operato delle autorità; la ricerca di Ghezzi e Zoboli si spinge dunque piuttosto, con un terzo studio in corso, a interrogarsi sugli effetti a lungo termine delle prassi messe in campo nell'emergenza. "La concorrenza si sta riducendo fisiologicamente: alcune aziende sono fallite, l'ingente mole di aiuti di Stato nel lungo periodo distorce il mercato e molti governi adotteranno politiche protezionistiche in difesa delle imprese nazionali", conclude il docente. "Le autorità dovranno dunque vigilare ancor più attentamente perché le forme di cooperazione, necessarie durante la pandemia, non si trasformino in attività collusive, spostando la propria azione su misure di prevenzione e sensibilizzazione oltre che sanzionatorie".