Una corsa agli armamenti troppo cara
Il ruolo dei brevetti e altri strumenti di proprietà intellettuale è cresciuto negli ultimi anni. Basti pensare che le domande di brevetto fino al 2007 sono cresciute in modo più che proporzionale in tutti gli uffici principali (europeo, internazionale, americano e giapponese). Tuttavia, interpretare questa evidenza a senso unico può dare una visione limitata del fenomeno.
Senza dubbio i brevetti costituiscono una fonte rilevante di vantaggi competitivi per le imprese, e questo è più vero in alcuni settori piuttosto che altri. In primis, i brevetti proteggono il diritto dell'inventore di appropriarsi fino alla totalità dei benefici economici che sono diretto risultato dello sforzo inventivo. In questo modo si stabilisce un incentivo forte ex-ante per le decisioni di investimento in R&S. In secondo luogo, i brevetti facilitano il trasferimento tecnologico a terzi e questo genera benefici significativi sia sul lato dell'offerta che quello della domanda. Terzo, la pubblicazione dei documenti brevettuali, anche per invenzioni che non approderanno mai a uno sfruttamento commerciale, facilita la sperimentazione e la cumulatività dei processi inventivi futuri. Tuttavia, diversi lavori recenti hanno sostenuto che in alcuni casi sono proprio i brevetti, o meglio il loro uso strategico, che hanno attenuato i meccanismi di funzionamento di questi tre principi (si veda Adam Jaffe and Josh Lerner, 2004). Gli autori argomentano che, grazie alla maggiore facilità di concessione da parte degli uffici e a un'eccessiva protezione del detentore in ambito giuridico, il ruolo dei brevetti nel facilitare l'innovazione è stato fortemente controverso, in particolare in ambiti come il software e l'elettronica. I brevetti sono stati sempre più utilizzati come armi da puntare contro i propri concorrenti. Questo crea un incentivo endogeno a inflazionare le domande di brevetto anche quando risulti economicamente non vantaggioso. Una corsa "agli armamenti" che compromette il livello generale d'innovazione. Nello studio fatto con la collega Stine Grodal (Institutional Logics and Status: Strategic Patenting in the Legal Services Sector), abbiamo analizzato quali strategie i titolari di brevetto utilizzano nei vari uffici per aumentare i benefici economici; da notare che in questo caso i benefici sono strettamente privati e non necessariamente corrispondono con un aumento di quelli complessivi. In particolare ne abbiamo individuate quattro con l'obiettivo finale di ampliare o rendere incerti in modo fittizio i "confini" brevettuali: includere un numero eccessivo di claim, utilizzare un linguaggio volutamente generico e vago, ritardare le comunicazioni e le decisioni con l'ufficio e frazionare senza necessità un'invenzione su più documenti brevettuali.La novità del nostro studio è molteplice. È il primo studio che affronta in una visione d'insieme i comportamenti strategici dei titolari; analizza tutta la popolazione di domande di brevetto europeo nel periodo 2001-2005 (mezzo milione d'invenzioni); infine, ipotizza per la prima volta che queste strategie siano intraprese non dai titolari da soli, ma in collaborazione con i loro rappresentanti presso l'ufficio (analizzando così quali caratteristiche congiunte di rappresentante e titolare influenzano la propensione a utilizzare i brevetti in modo strategico). Ne emerge che i titolari hanno una forte esperienza nella brevettazione e dimensioni relativamente grandi. E che l'esperienza del rappresentante legale influisce in modo inverso: cioè rappresentanti con meno esperienza hanno una maggiore propensione a fare uso dei brevetti in modo strategico. Inoltre, i rappresentanti con maggiore visibilità sono più legittimati ad adottare queste pratiche. Per concludere, l'equazione "più brevetti = maggiore innovazione" deve essere considerata con più attenzione. Questo non significa che i brevetti non siano strumenti importanti di competitività per le imprese, ma negli anni un insieme di eventi contingenti hanno portato in alcuni casi a un loro uso diverso rispetto in passato. Questa consapevolezza sta prendendo sempre più piede e sono proprio i grandi attori con ingenti portafogli brevettuali che si stanno rendendo conto che la "corsa agli armamenti" è relativamente più onerosa per loro che per gli altri.