Quando la concorrenza cinese mette a repentaglio la salute
Il dibattito sulle conseguenze del commercio internazionale, alimentato dalla globalizzazione, sui paesi sviluppati riguarda solitamente effetti legati al mercato del lavoro, come l'aumento della disoccupazione e la riduzione dei salari. Esiste, però, un costo nascosto della competizione commerciale, che viene considerato di rado: l'impatto sulla salute dei lavoratori. Nel paper Trade-Induced Mortality, Jérôme Adda (Dipartimento di Economia) e Yarine Fawaz indagano l'influsso della competizione commerciale sulle diverse cause di mortalità in Italia e negli Stati Uniti. L'ipotesi è che la riduzione dell'occupazione nel settore manifatturiero, causata dall'incremento delle importazioni provenienti dalla Cina, abbia provocato un effetto sulla mortalità dei lavoratori tramite il deterioramento della salute mentale, abitudini come bere e fumare, l'aumento del pendolarismo con conseguente incremento degli incidenti stradali e, negli Stati Uniti, la perdita dell'assicurazione sanitaria.
Per verificarlo, Adda e Fawaz hanno confrontato dati sulla mortalità a livello individuale con l'andamento del commercio internazionale negli ultimi vent'anni e oltre. Risultato: l'incremento delle importazioni dalla Cina ha provocato un aumento della probabilità di morte in entrambi i paesi, un cambiamento che si rileva da quattro a sei anni dopo lo shock commerciale. Negli Stati Uniti le principali cause di tali decessi sono suicidio, cirrosi epatica, malattie respiratorie. In Italia si registra un impatto soprattutto sui colletti bianchi delle piccole imprese. In particolare, un incremento nelle importazioni pari a un miliardo di dollari provoca un incremento della mortalità dei lavoratori del settore manifatturiero pari al 2% negli Stati Uniti e al 7% in Italia. Significa, rispettivamente, 330 e 250 morti l'anno in più per ogni miliardo di dollari di importazioni.
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