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Piu' piccole di quelle tedesche e francesi, ma le aziende familiari italiane corrono ancora

, di Fabio Todesco
L'Osservatorio AUB (AIDAF, UniCredit, Bocconi) quest'anno compara le imprese familiari in Italia, Francia e Germania. La governance e' piu' simile delle attese, ma 9 sole imprese familiari italiane superano i 5 miliardi di fatturato, contro le 34 imprese familiari tedesche e le 21 francesi

Le imprese familiari italiane sono ancora troppo piccole e governate da leader più anziani rispetto a quelle tedesche e francesi, ma il gap di redditività netta si sta riducendo e si è praticamente annullato rispetto alla Germania.

In parte anche per le minori dimensioni di partenza, dal 2012 al 2018 le imprese familiari italiane sono cresciute di più: +50% i ricavi delle aziende italiane, contro il 44% di quelle francesi e il 38% di quelle tedesche.

In quanto alla percentuale di consiglieri donna, le familiari italiane triplicano quelle tedesche presenti negli executive board.

L'XI edizione dell'Osservatorio AUB delle aziende familiari italiane, presentato oggi in Borsa Italiana da Guido Corbetta e Fabio Quarato della Cattedra AIDAF-EY di Strategia delle aziende familiari in memoria di Alberto Falck, non presenta solo l'analisi dei conti di tutte le aziende familiari italiane con fatturato superiore ai 20 milioni di euro (11.079, per l'esattezza, il 65,8% delle 16.845 imprese italiane in questa classe dimensionale), ma anche una comparazione tra le 500 aziende più grandi per fatturato in Francia, Germania e Italia.

«I dati sul coinvolgimento dei familiari nella governance in Italia, Francia e Germania restituiscono un quadro più simile di quanto riscontrato in altre ricerche», afferma Guido Corbetta, il professore della Bocconi titolare della Cattedra. La leadership (amministratore delegato o presidente esecutivo) è familiare nel 50,5% dei casi in Italia, nel 41,0% dei casi in Francia e nel 34,7% dei casi in Germania.

Rimangono invece elevati i gap dimensionali e di età della classe dirigente. In Italia esistono 9 aziende familiari con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro, contro le 21 francesi e le 34 tedesche. Il 33% dei leader delle aziende familiari italiane è di età superiore ai 70 anni, contro il 15% dei leader francesi e il 9% dei leader degli executive board tedeschi.

Restringendo il perimetro all'Italia, nel 2018 le aziende familiari hanno effettuato un numero minore di investimenti diretti esteri (-6%), ma di dimensioni nettamente maggiori, tanto che il fatturato è aumentato del 63,2% a 593,4 miliardi di euro, con un maggiore attivismo delle aziende più grandi: il 67,7% di chi ha ricavi superiori ai 250 milioni di euro ha fatto investimenti esteri, rispetto al 22,9% di chi ha ricavi tra i 20 e i 50 milioni. Le aree geografiche d'investimento evidenziano un allargamento del raggio d'azione delle aziende familiari: se nel 2007 il 51% era in Europa occidentale, nel 2018 la quota è scesa al 32%, a favore, soprattutto, di Asia e Nord America.

Infine, le performance delle aziende familiari si confermano migliori di quelle delle non familiari, ma il gap si sta riducendo, dai 2,7 punti di redditività del capitale netto del 2016 agli 1,9 del 2017, fino agli 1,5 (12,1 contro 10,6) del 2018.

L'Osservatorio AUB è realizzato da Università Bocconi, AIDAF, EY, UniCredit, Fondazione Angelini e Cordusio, in collaborazione con Borsa Italiana e Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi.

Il confronto Italia-Germania



«Anche quest'anno l'analisi dell'osservatorio conferma la vitalità delle imprese familiari e ci offre spunti molto interessanti sulle peculiarità delle stesse nei principali mercati europei», afferma Cesare Bisoni, presidente UniCredit. «Nel contesto attuale la componente finanziaria, e quindi il rapporto con le banche, diventano un fattore cruciale di competitività per le aziende. Un'offerta integrata alle imprese familiari è il fattore distintivo di UniCredit: facciamo leva sulla massimizzazione delle sinergie tra corporate banking e wealth management e le esperienze maturate nei diversi Paesi in cui siamo presenti, tra cui la Germania e l'Italia».

«Le imprese familiari», dichiara Alvise Biffi, membro di giunta della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, «continuano ad essere un punto di riferimento importante per il nostro territorio. Sono certamente un esempio del modo di fare impresa milanese e italiano nel mondo. I risultati positivi sono legati alla loro capacità di innovazione e all'apertura internazionale. La sfida difficile, che emerge, è quella del ricambio generazionale. Per monitorare questo fenomeno caratteristico del nostro territorio, la Camera di Commercio è partner dell'Osservatorio con l'Università Bocconi».

«L'Osservatorio AUB ci restituisce una fotografia dell'economia italiana leggermente migliore della percezione comune: le imprese familiari continuano a crescere, ad esplorare nuovi e più lontani mercati geografici, a realizzare acquisizioni di maggiori dimensioni, ad attrarre manager e a consiglieri non familiari», dice Francesco Casoli, presidente di AIDAF. «Naturalmente le sfide per le famiglie imprenditoriali non mancano: prima fra tutte la necessità di crescere. Questa sfida si affronta richiamando giovani talenti, incrementando le attività di ricerca e sviluppo, andando sui mercati internazionali e valutando i diversi strumenti di finanza per la crescita. In questo AIDAF è da sempre luogo dove poter affrontare e condividere queste ed altre tematiche tra imprenditori».

«Il mercato dei capitali svolge un ruolo fondamentale nel supportare la crescita delle aziende del nostro Paese», dichiara Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana. «La quotazione in Borsa implica una profonda trasformazione culturale e delle pratiche di governance e spesso rappresenta una soluzione alla delicata gestione dei passaggi generazionali per le società familiari. Numerose eccellenze italiane, negli ultimi anni, hanno scelto di accedere ai mercati dei capitali per sostenere gli ambiziosi progetti di crescita, aumentare la propria competitività in un contesto globale e attrarre talenti manageriali».

Osservatorio AUB: Il confronto Italia-Germania

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