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L’ombra lunga della disuguaglianza
La disuguaglianza economica non è un fenomeno recente. Lontano dall’essere una fatalità della storia umana, essa emerge e si rafforza in particolari contesti socio-economici, come dimostrano Samuel Bowles (Santa Fe Institute) e Mattia Fochesato (Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche, Università Bocconi) nel loro recente studio The Origins of Enduring Economic Inequality, pubblicato dal Journal of Economic Literature. Questa ricerca ci offre una lente per leggere il passato, ma soprattutto per comprendere il presente: le cause strutturali che hanno favorito la concentrazione della ricchezza nelle società premoderne continuano ad agire oggi, anche se in forme mutate.
Un’analisi storica della disuguaglianza
Lo studio di Bowles e Fochesato si concentra sull’evoluzione della disuguaglianza economica nel corso della storia, analizzando in particolare le società preistoriche e antiche. Attraverso dati archeologici e antropologici, i ricercatori hanno esaminato il modo in cui la ricchezza si è distribuita nelle prime comunità umane, rivelando che la disuguaglianza non è stata sempre presente in modo strutturale e duraturo.
Nelle comunità di cacciatori-raccoglitori, ad esempio, le risorse erano condivise più equamente, grazie a una cultura della reciprocità e della ridistribuzione. Anche le prime società agricole, quelle dove il lavoro umano prevaleva nella produzione di beni di consumo, erano relativamente egualitarie. Tuttavia, con l’introduzione dell’aratro in agricoltura e l’accumulo di beni materiali come la terra, gli animali, e i primi beni capitali, le disuguaglianze hanno iniziato a crescere, diventando più persistenti nel tempo. Gli autori identificano il Neolitico come un punto di svolta cruciale: l’introduzione di nuove tecnologie agricole ha aumentato il valore della proprietà e ha permesso la formazione di classi sociali distinte. Questo processo si è poi accelerato con la nascita delle prime città-stato, in cui l’accentramento del potere politico e militare ha rafforzato ulteriormente le disparità economiche.
La trasformazione da società con disuguaglianze episodiche a società con disuguaglianze persistenti e, in alcuni casi, estreme non è stata un evento singolo, ma un processo graduale che si è svolto nel corso di millenni. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che la disuguaglianza non è stata un destino inevitabile: vi sono state eccezioni, come le società di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico, le comunità neolitiche egualitarie come Çatalhöyük, e i Chumash della California, che per lungo tempo hanno mantenuto un’organizzazione sociale con livelli contenuti di disuguaglianza. In questi casi, fattori come l’alta mobilità, norme sociali di condivisione e una forte opposizione all’accumulazione del potere hanno giocato un ruolo decisivo nel contenere le disparità.
Tecnologia e concentrazione della ricchezza
Uno dei punti chiave dello studio riguarda il ruolo della tecnologia nel favorire la disuguaglianza. In passato, l’introduzione di strumenti come l’aratro trainato da animali ha aumentato il valore della terra e ha spostato il potere economico verso coloro che la possedevano. Oggi, fenomeni analoghi si verificano con la digitalizzazione e l’automazione, che creano enormi vantaggi per chi possiede capitale, competenze tecnologiche avanzate e informazioni, mentre lasciano indietro chi ne è privo.
Come spiega Mattia Fochesato, assistant professor in storia economica, “La tecnologia non è neutrale: se non accompagnata da adeguate politiche redistributive, tende a rafforzare la concentrazione della ricchezza, amplificando le disuguaglianze già esistenti”. Questo è evidente nella crescita dei giganti della tecnologia, che dominano interi settori economici e accumulano risorse in un modo che ricorda la concentrazione della proprietà terriera nell’antichità.
La trasmissione ereditaria della ricchezza
Un altro elemento cruciale dello studio riguarda la trasmissione intergenerazionale della ricchezza. Già nelle società antiche, la possibilità di ereditare beni materiali consolidava le disuguaglianze tra le generazioni. Oggi, il fenomeno persiste sotto nuove forme: patrimoni accumulati nel tempo garantiscono vantaggi economici e sociali alle famiglie più ricche, creando una sorta di aristocrazia del capitale.
Il problema, sottolineano gli studiosi, non è solo di carattere economico, ma anche culturale. “La percezione che la ricchezza sia il frutto esclusivo del merito personale gioca un ruolo chiave nel giustificare le disparità attuali, impedendo una riflessione critica sulla necessità di riforme redistributive” afferma Fochesato. Questo mito della meritocrazia esasperata rende più difficile il dibattito su tasse di successione più progressive o su riforme che garantiscano maggiore equità nell’accesso all’istruzione e al mercato del lavoro.
Il potere delle istituzioni e la politica della disuguaglianza
Le istituzioni politiche hanno sempre avuto un ruolo determinante nel rafforzare o contrastare la disuguaglianza. In passato, la capacità dello Stato di riscuotere tributi e di monopolizzare l’uso della forza ha spesso accentuato la disparità economica, favorendo un’elite ristretta. Oggi, la corruzione e la mancanza di trasparenza in molte istituzioni globali continuano a ostacolare politiche redistributive efficaci.
A questo si aggiunge il peso delle lobby economiche, che influenzano le decisioni politiche a favore degli interessi di pochi, spesso bloccando misure volte a ridurre le disuguaglianze. Il risultato è un sistema che tende a perpetuare le disparità, anziché ridurle.
Un fenomeno dinamico, non inevitabile
L’aspetto più importante che emerge dalla ricerca di Bowles e Fochesato è che la disuguaglianza non è un fenomeno naturale o inevitabile, ma il prodotto di scelte economiche e politiche precise. Questo significa che esistono margini di intervento per ridurre le disparità e promuovere una maggiore equità sociale.
Un’analisi dinamica della disuguaglianza, come suggeriscono gli studiosi, deve tener conto delle trasformazioni in corso e delle interazioni tra fattori tecnologici, politici e culturali. Le politiche fiscali, ad esempio, devono adattarsi a un mondo in cui la ricchezza non è più solo legata alla terra o all’industria, ma si concentra in beni intangibili, ma non meno accumulabili, come dati e informazioni.
In definitiva, comprendere i meccanismi che hanno reso la disuguaglianza un fenomeno duraturo nella storia può aiutarci a immaginare e costruire un futuro più equo. La storia non è un destino immutabile: è una lezione da cui imparare.