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L'effetto dell'austerita' fiscale: perche' i tagli alla spesa hanno funzionato meglio

, di Daniele Bianchi
Una nuova ricerca di Favero, Alesina, Giavazzi, Barbiero e Paradisi mostra che una politica di riduzione del deficit pubblico basata su tagli alla spesa pubblica risulta essere molto meno onerosa in termini di riduzione del Pil, rispetto ad una politica basata su un aumento delle tasse

Le politiche di riduzione del deficit recentemente attuate nella maggior parte dei paesi europei sono state additate come le maggiori responsabili dell'accelerazione della spirale recessiva iniziata dopo la grande crisi finanziaria del 2008/2009. Tali politiche di austerità fiscale possono essere implementate attraverso tagli alla spesa pubblica o in alternativa aumenti della pressione fiscale. Tuttavia, mentre politiche basate su aumenti delle tasse possono provocare una sensibile decrescita del Prodotto interno lordo, tagli alla spesa pubblica risultano essere molto meno depressivi impattando solo in modo marginale sulla crescita economica. Questo è forse il risultato più interessante di Austerity in 2009-2013 (di prossima pubblicazione su Economic Policy), un articolo di Carlo Favero (Dipartimento di Finanza), Francesco Giavazzi (Dipartimento di Economia), Alberto Alesina (Harvard University e Tommaso Padoa-Schioppa Visiting Professor alla Bocconi), Omar Barbiero (Harvard University), e Matteo Paradisi (Harvard University).

I budget dei governi sono notevolmente peggiorati conseguentemente alla recente grande crisi finanziaria, principalmente a causa dell'intervento forzato di molti governi nel settore bancario per evitarne il completo collasso. Con l'aumento del debito pubblico le politiche fiscali di molti paesi europei hanno finito per essere soggette al monitoraggio diretto da parte della Commissione europea. In effetti, dopo l'inizio della crisi greca nel 2010, si sono evidenziate crescenti preoccupazioni sull'effettiva sostenibilità del debito pubblico in alcuni paesi europei, tra cui Italia, Spagna e Portogallo. In risposta a tali preoccupazioni, si è cercato di attuare una politica di consolidamento fiscale, altrimenti detta austerità fiscale, attuata in un più ampio piano di riduzione del debito in una logica pluriennale. Sebbene non si sappia ancora quale sia la politica di aggiustamento fiscale ottimale, un primo passo utile è discutere le conseguenze di politiche esistenti al fine di comprenderne gli effetti sulla crescita economica.

Nel loro articolo, gli autori mirano a fornire una misura empirica dell'effetto di politiche di riduzione del debito sulla crescita economica. Tale obiettivo viene raggiunto costruendo un nuovo dataset "narrativo" che documenta sia la dimensione che la composizione effettiva dei piani d'intervento fiscale in diversi paesi europei nel periodo 2009-2013. Più in dettaglio, gli autori investigano la relazione austerità-decrescita economica considerando la varietà delle politiche di austerità, testando inoltre eventuali differenze tra l'aggiustamento fiscale nel periodo della recente crisi in confronto a quanto avvenuto in periodi storici più "calmi".

L'evidenza empirica indica che la differenza in termini di effetto sulla crescita economica di politiche basate su tagli alla spesa piuttosto che su aumenti delle tasse è ampia e significativa. Nel periodo 1978-2007, consolidamenti fiscale basati su un aumento delle tasse nell'ordine dell'1% del Pil hanno causato una contrazione della crescita economica del 2% nei tre anni successivi all'attuazione. Per converso, politiche di riduzione del debito basate su tagli alla spesa pubblica non hanno prodotto particolari effetti negativi sulla crescita economica. In questo senso, le politiche recenti di austerità non presentano caratteri peculiari rispetto a quanto avvenuto in periodi storici precedenti.

I risultati mostrati dagli autori puntano decisamente verso tagli alla spesa come misura più efficace di consolidamento fiscale in un'ottica di limitazione della contrazione della crescita economica, perlomeno in alcuni paesi europei. Tale risultato, tuttavia, non risponde alla domanda se i paesi studiati abbiano fatto la cosa giusta implementando politiche di austerità nel periodo 2009-2013.