Il costo del capitale azionario per le banche
La questione della struttura del capitale è stata fondamentale per le banche negli ultimi anni, un periodo segnato dalla peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione. Il capitale delle banche è stato messo sotto forte stress a causa di massicce svalutazioni di attività e delle perdite sui prestiti legati al comparto immobiliare. Molte banche hanno cercato di ricostruire il capitale con la raccolta di fondi sui mercati cosiddetti retail. Se sia più efficiente farlo raccogliendo capitale azionario o attraverso depositi diventa quindi una questione di primaria importanza. L'opinione comune è che il capitale azionario sia un modo relativamente costoso per finanziamento delle banche relativamente ai normali depositi. Infatti, questi ultimi rappresentano un'importante fetta della struttura di finanziamento per le banche e l'economia globale nel suo complesso. Tuttavia, come scegliere in modo ottimale tra la quantità di capitale azionario e i depositi, e in che modo questa scelta è influenzata dalla regolamentazione vigente rimane una questione aperta. Nel loro articolo di prossima pubblicazione nel Journal of Financial Economics (doi: 10.1016/j.jfineco.2014.11.003), Deposits and Bank Capital Structure, Elena Carletti (Dipartimento di Finanza), Franklin Allen (Imperial College e University of Pennsylvania ) e Robert Marquez (University of California, Davis) cercano di dare una risposta plausibile a queste domande chiave.
Diversi articoli di teoria della raccolta bancaria hanno mostrato che i depositi sono spesso la forma ottimale di finanziamento per le banche. L'idea di fondo è che i depositi sono semplicemente una delle forme di debito, il che non li renderebbe necessariamente preferibili, soprattutto nei casi di fallimento. Tuttavia, l'evidenza empirica mostra che il mercato dei depositi è significativamente separato da altri mercati. In effetti, mentre la maggior parte delle persone nei paesi sviluppati ha conti bancari, con l'eccezione degli Stati Uniti e di alcuni altri paesi, la letteratura di finanza familiare mostra che relativamente poche persone possiedono azioni, obbligazioni o altri tipi di attività finanziarie, sia direttamente che indirettamente. Tale differenza rende il mercato dei depositi intrinsecamente diverso dagli altri.
Nel loro articolo, gli autori si discostano dall'interpretazione dei depositi come forma di debito e costruiscono un modello per dimostrare che la struttura del capitale è rilevante per il valore della banca e vi è un'unica struttura del capitale ottimale, che implica che le banche posseggano capitale azionario come modo per ridurre i costi di fallimento. La quantità ottimale di capitale azionario della banca è anticiclica, in quanto diminuisce (debolmente) con il rendimento delle attività della banca stessa. Inoltre, gli autori mostrano che il capitale azionario è relativamente costoso rispetto ai depositi come forma di finanziamento bancario.
È interessante notare che, quando un intervento normativo sotto forma di protezione dei depositi è posto in essere, le banche non hanno più alcun incentivo a tenere capitale azionario, scegliendo invece di finanziarsi interamente tramite depositi. L'idea è che, quando i depositi sono assicurati, il capitale azionario non aiuta a ridurre i costi di fallimento. Si apre perciò uno spazio per la regolamentazione del capitale: imponendo alle banche di detenere capitale, il regolatore riduce i costi di eventuali fallimenti, che altrimenti sarebbero a carico del fondo di assicurazione dei depositi (e, in definitiva, a carico dei correntisti attraverso una qualche forma di tassazione forfetaria). Di conseguenza, gli autori mostrano che una forma di assicurazione dei depositi accoppiata con regolazione capitale può portare a un più elevato livello di benessere sociale, e quindi essere ottimale nel suo complesso.