I CDS non favoriscono i fallimenti
La disponibilità di una copertura assicurativa del credito attraverso i credit default swaps (CDS) ha avuto effetti positivi per gli emittenti di corporate bond, perché ha aumentato la liquidità del mercato, garantendo così migliori opportunità di finanziamento. Ma alcuni studiosi hanno di recente avanzato l'ipotesi che l'esistenza dei CDS possa favorire l'emersione dei cosiddetti "empty creditors", o creditori vuoti, ovvero una classe di creditori assicurati i cui interessi possono non essere allineati con quelli degli altri creditori in caso di difficoltà per l'impresa.
In un contratto di CDS chi acquista la protezione paga un premio periodico a chi la vende e riceve un indennizzo pari alla differenza tra il valore nominale e quello di mercato del debito sottoscritto dall'entità di riferimento nel caso si verifichi un evento di default. Tipici eventi di default sono il fallimento del debitore o il mancato pagamento del capitale o degli interessi sul debito. Gli accordi extra-giudiziari di rinegoziazione del debito, invece, costituiscono eventi rilevanti solo quando nel contratto di CDS esistono clausole speciali che riguardano la ristrutturazione del debito. In pratica, nessuna operazione di salvataggio ha mai causato un default nel mercato americano dei CDS, dato il disaccordo su che cosa costituisca un evento di ristrutturazione. In un simile contesto, un debitore in difficoltà che cerchi di convincere i suoi creditori a rinegoziare il debito può scontrarsi con l'opposizione dei creditori che hanno acquistato copertura assicurativa con i CDS e che troveranno più conveniente portare l'impresa alla formalizzazione della bancarotta (per ottenere l'indennizzo stabilito dal contratto di CDS) anche quando una rinegoziazione informale del debito potrebbe risultare più efficiente.
In- and Out-of-Court Debt Restructuring in the Presence of Credit Default Swaps, un recente working paper di Mascia Bedendo (Dipartimento di Finanza), Lara Cathcart e Lina El-Jahel (entrambe Imperial College Business School), cerca di stabilire empiricamente se la presenza dei CDS abbia avuto qualche impatto sull'esito del processo di ristrutturazione del debito per alcune entità di riferimento durante la crisi del 2008-2009. Lo studio analizza tutte le richieste di bancarotta e le ristrutturazioni concordate del debito da parte di imprese non finanziarie statunitensi soggette a rating nel periodo gennaio 2008 - dicembre 2009. La ricerca si propone di evidenziare le differenze nelle determinanti del metodo di soluzione dalla crisi (ristrutturazione concordata o Chapter 11) tra entità oggetto di contratti di CDS ed entità che non lo sono e di testare se la presenza di CDS ha aumentato la possibilità di ricorrere alla richiesta di fallimento.
I risultati principali sono tre. Primo, gli autori non trovano evidenza del fatto che le entità oggetto di contratti di CDS abbiano maggiori probabilità di ricorrere al tribunale per ristrutturare il proprio debito. In realtà, il risultato del processo di rinegoziazione del debito sembra essere determinato in gran parte dalle stesse variabili sia per chi è oggetto sia per chi non è oggetto di CDS. Secondo, analogamente a quanto concluso dalla letteratura precedente, le imprese che ricorrono al Chapter 11 sono caratterizzate da una leva maggiore, maggiori necessità di finanziamento a breve termine e una quota superiore di debito garantito rispetto alle imprese che si riorganizzano senza passare dai tribunali. Terzo, le imprese fallite nel corso della recente crisi erano caratterizzate, in media, da una struttura del debito più semplice, incentrata essenzialmente sui prestiti bancari. Tale aspetto è coerente con le particolarità di una crisi finanziaria, in cui le istituzioni finanziarie sono le prime a registrare difficoltà e possono non essere in grado di rifinanziare i propri clienti. In linea con questa spiegazione, osserviamo che la probabilità di presentare richiesta di fallimento è correlata positivamente agli shock di profittabilità affrontati dalle principali banche che hanno prestato denaro all'impresa.
Due ragioni possono spiegare la mancanza di evidenza riguardo i creditori vuoti. Primo, la proporzione di detentori di obbligazioni assicurati non è sufficientemente ampia per influenzare il risultato del processo di ristrutturazione del debito delle imprese. Secondo, anche quando tale proporzione sia sufficientemente ampia, i detentori assicurati preferiscono non spingere l'impresa al fallimento per questioni legate alla reputazione o all'incertezza del processo di fallimento.