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Fiat, una sentenza che non convince

, di Marco Garavelli
De Stefano commenta la sentenza del Tribunale di Torino sul caso Fiat criticandone le conclusioni

Valerio De Stefano, assegnista di ricerca dell'Università Bocconi, in un suo recente articolo intitolato "Il 'caso Fiat' e la contrattazione collettiva 'di Pomigliano' ad una prima verifica giudiziale: ordinamento intersindacale, principio di effettività e ruolo del giudice" e pubblicato in ADL - Argomenti di Diritto del Lavoro, 1, 2012, commenta la sentenza resa dal Tribunale di Torino il 16 luglio 2011 in un giudizio promosso dal sindacato FIOM-CGIL, evidenziando una serie di incongruenze nell'argomentazione spesa dal Giudice a supporto della decisione.

La vertenza in questione era sorta a seguito della costituzione della nuova società Fabbrica Italia Pomigliano S.p.A. da parte di Fiat: la newco era subentrata nella gestione dello stabilimento "Giambattista Vico" di Pomigliano d'Arco di Fiat Automobiles Group S.p.A., assumendo i lavoratori precedentemente impiegati da quest'ultima. La nuova società, Fabbrica Italia Pomigliano, non aderiva a Confindustria e stipulava con i sindacati un "proprio" accordo collettivo per la disciplina dei contratti di lavoro. Tale manovra, quindi, sembrava finalizzata a consentire a Fiat di svincolarsi dal vigente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

Il sindacato FIOM-CGIL, tuttavia, si rifiutava di sottoscrivere l'accordo collettivo con Fabbrica Italia Pomigliano, ed anzi denunciava un preteso comportamento antisindacale da parte di Fiat, intraprendendo un'azione giudiziaria avanti al Tribunale di Torino, con cui chiedeva che il contratto collettivo concluso con gli altri sindacati fosse dichiarato nullo per violazione dell'articolo 2112 del Codice Civile, ossia della norma che dispone che, quando venga effettuato un trasferimento d'azienda, i lavoratori trasferiti mantengono tutti i diritti loro precedentemente spettanti, ivi inclusa l'applicazione del precedente CCNL.

De Stefano, nel proprio articolo, evidenzia che vari elementi lasciavano intendere che l'iniziativa della FIOM trascendesse la specifica realtà di Pomigliano. In primo luogo, ad instaurare la causa è stata la FIOM nazionale, e non i corrispondenti "organismi locali", che però sono i soli ad essere espressamente legittimati ad agire contro le condotte antisindacali ai sensi dell'articolo 28 dello Statuto del Lavoratori. Inoltre, il giudizio è stato promosso avanti al Tribunale di Torino – il Tribunale del luogo in cui ha casa Fiat, in buona sostanza – anziché avanti al Tribunale di Nola, che sarebbe invece stato territorialmente competente rispetto a Pomigliano, dove si trova lo stabilimento al centro della vicenda.

C'erano, quindi, tutte le premesse perché la decisione del Tribunale di Torino divenisse un momento decisivo non solo nella vicenda dei lavoratori di Pomigliano, ma per l'intero sistema dei rapporti sindacali in Italia.

La sentenza, infatti, tocca alcuni delle questioni fondamentali del diritto sindacale. Essa, da un lato, afferma – sulla scorta anche di numerose, dotte, citazioni da noti filosofi del diritto (quali Kelsen, Erlich, Bobbio) – che l'accordo collettivo sottoscritto da Fabbrica Italia e dagli altri sindacati vincola anche i lavoratori iscritti alla FIOM, benché quest'ultimo sindacato non lo abbia condiviso. Dall'altro lato, ritiene che la FIOM abbia il diritto di costituire una propria rappresentanza sindacale a livello aziendale, benché questo diritto sia espressamente riconosciuto dall'art. 19 dello Statuto dei Lavoratori solo ai sindacati sottoscrittori dei contratti collettivi applicati nell'azienda.

De Stefano esamina criticamente il percorso argomentativo seguito dal Giudice, analizzando le ragioni indicate a supporto dei punti nodali della sentenza e rilevando, tra l'altro, anche numerose incongruenze nelle citazioni giurisprudenziali e dottrinali fatte dal Giudice. De Stefano, così, giunge alla conclusione che i passaggi fondamentali della decisione in questione – a cominciare dal tema della legittimazione ad agire della FIOM nazionale e giungendo sino alle questioni centrali dell'efficacia soggettiva degli accordi collettivi di lavoro –, pur nella consapevolezza che si tratta di argomenti controversi, sono stati svolti in modo contraddittorio e non convincente.