Fango su di te, vergogna su di me, voti al terzo candidato
I candidati cedono spesso alla tentazione di attaccare gli avversari in campagna elettorale con annunci negativi (più del 55% di quelli mandati in onda dalle campagne di Clinton e Trump nel 2016 attaccavano l'avversario), anche se le prove dell'efficacia di questa tattica sono, a dir poco, contrastanti. Uno studio di tre professori della Bocconi, Vincenzo Galasso, Tommaso Nannicini e Salvatore Nunnari, appena pubblicato sull'American Journal of Political Science, rivela che gli attacchi agli avversari in campagna elettorale si ritorcono contro chi li sferra e, attraverso un eccezionale esperimento sul campo, dimostra che, in una corsa a tre candidati, è il "candidato inattivo" (quello che non attacca né viene attaccato) a trarne vantaggio. Utilizzando un esperimento di laboratorio, inoltre, gli autori fanno luce sul meccanismo che determina i loro risultati.
Durante una corsa con tre candidati sindaco in una città italiana di medie dimensioni nel 2015, gli autori sono riusciti a condurre un esperimento sulla campagna porta a porta dei sostenitori di uno degli sfidanti del sindaco in carica. Un terzo dei 55 distretti elettorali è stato battuto da volontari con un messaggio positivo, un terzo con un messaggio negativo riguardante il sindaco in carica, e il terzo rimanente non ha ricevuto alcuna informazione.
"Abbiamo riscontrato una forte ricaduta positiva sul candidato inattivo, la cui quota di voti è aumentata di 3,7 punti percentuali quando il sindaco in carica è stato attaccato con un annuncio negativo dall'altro sfidante - un guadagno di circa il 13% rispetto alla media di voti del candidato inattivo", spiega Galasso.
"Per capire i meccanismi alla base di questo effetto", dice Nunnari, "abbiamo dovuto spostarci nell'ambiente controllato degli esperimenti di laboratorio, dove abbiamo potuto neutralizzare le componenti ideologiche e gli aspetti di voto strategico che sono rilevanti nelle elezioni reali".
Negli esperimenti di laboratorio che hanno coinvolto 2.971 partecipanti, i candidati fittizi sono stati descritti come simili in quanto a caratteristiche individuali e senza differenze ideologiche. Come nell'esperimento sul campo, uno dei tre candidati ha trasmesso (tramite video) messaggi positivi o negativi. In questo caso, il tono del messaggio negativo poteva essere neutro o aggressivo.
Quando tutti e tre i candidati hanno fatto campagna positiva, la quota di voti dello sfidante sotto osservazione è stata del 29,4%. Questa è scesa al 17% quando questo sfidante ha attaccato il sindaco in carica con un tono neutro e al 14,9% quando ha usato un tono aggressivo. Il principale beneficiario del cambiamento nelle preferenze è stato lo sfidante inattivo, che ha visto la sua quota di voti crescere dal 35,9% con campagna positiva al 53% con campagna negativa e neutra, al 54,4% con campagna negativa e aggressiva.
"La nostra evidenza empirica è robusta in diversi ambienti (città italiana di medie dimensioni e città fittizia), metodologie (sul campo e in laboratorio), e strumenti di campagna (messaggi porta a porta e video annunci)", dice Nannicini.
Attraverso una serie di domande ai partecipanti all'esperimento di laboratorio, gli autori sono inoltre riusciti a catturare il meccanismo che determina lo spostamento dei voti: la campagna negativa (al contrario di quella positiva) aumenta la convinzione degli elettori che chi attacca sia competitivo, piuttosto che cooperativo, che non sarebbe un buon sindaco, e che sia ideologicamente estremista.
Vincenzo Galasso, Tommaso Nannicini, Salvatore Nunnari, "Positive Spillovers from Negative Campaigning." American Journal of Political Science, published in Early View, 23 April 2021, DOI: https://doi.org/10.1111/ajps.12610.