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Due piccioni con uno IAS: qualita' contabile e fiducia degli investitori

, di Fabio Todesco
In un'analisi empirica dei conti delle società quotate tedesche Francesco Momentè e Francesco Reggiani, con Mascia Ferrari, evidenziano una migliore qualità contabile per chi utilizza gli IAS rispetto a chi utilizza i GAAP. Gli investitori lo riconoscono, ma non per le imprese più piccole

L'adozione degli standard contabili internazionali (IAS - International Accounting Standards) al posto dei principi contabili locali (GAAP - Generally Accepted Accounting Principles) si traduce in una più alta qualità contabile ed è apprezzata dagli investitori, che riconoscono un migliore contenuto informativo, al momento dell'annuncio degli utili, ai bilanci delle società che adottano gli IAS.

In Investor Perception of the International Accounting Standards Quality: Inferences from Germany (in corso di pubblicazione su Journal of Accounting, Auditing and Finance, anticipato online il 28 dicembre 2011, doi: 10.1177/0148558X11409163) – un articolo scritto con Mascia Ferrari (Università di Modena e Reggio Emilia) - Francesco Momentè e Francesco Reggiani (Dipartimento di Accounting) confermano le previsioni teoriche della letteratura grazie alle condizioni del tutto uniche che sono venute a crearsi in Germania tra il 1998 e il 2005. In questo periodo alle imprese quotate era data la possibilità, ma non l'obbligo, di adottare gli IAS per la contabilità consolidata. Gli studiosi possono così confrontare i bilanci e gli effetti degli annunci degli utili di società che utilizzavano o l'uno o l'altro regime nello stesso paese e nello stesso periodo. Per ragioni operative finiscono per usare solo i dati del 2000-2004 e si basano su oltre 740 osservazioni per misurare la qualità contabile e 350 osservazioni per analizzare la reazione degli investitori agli annunci degli utili.

Con il loro paper, gli autori migliorano i risultati della passata letteratura, che forniva prove solo parziali della migliore qualità dell'informativa contabile IAS. I tre accademici misurano la qualità come una funzione inversa dell'incidenza delle componenti non monetarie degli utili (gli accruals, ovvero le poste contabilizzate per competenza) perché esse hanno una persistenza minore rispetto al cash flow e sono più facili da manipolare. A questo scopo gli autori costruiscono due modelli, uno che comprende tutte le componenti non monetarie, l'altro solo quelle relative al capitale circolante. L'evidenza che presentano conferma la miglior qualità complessiva dei bilanci delle imprese che adottano gli IAS, ma, mettono in guardia, "i risultati empirici dipendono dal modello utilizzato (...) e dalla composizione del campione per settore": l'evidenza è più forte quando si considerano tutte le componenti non monetarie, rispetto quella che si limita al solo capitale circolante, e il settore dei servizi al consumo sembra fare eccezione alla regola.

Momentè, Ferrari e Reggiani usano poi il volume degli scambi in borsa intorno al momento dell'annuncio degli utili per misurare la percezione degli investitori circa la qualità dell'informativa contabile, perché il volume degli scambi risulta una proxy del livello di asimmetria informativa e di incertezza (divergenza di opinioni) percepiti dagli investitori. Il modello conferma che maggiori volumi di scambio sono associati ad una minore qualità dei valori contabili, con un importante corollario: a parità di qualità dell'informazione contabile (in termini di componenti di reddito non monetarie), i volumi di scambio di chi adotta gli IAS sono inferiori a quelli di chi adotta i GAAP, a conferma che i conti dei primi sono considerati più attendibili di quelli dei secondi. Tale effetto, tuttavia, è più debole per le imprese di dimensioni minori. "Interpretiamo questo risultato", scrivono gli autori, "come prova che gli IAS, in se stessi, non sono sufficienti a garantire agli investitori un beneficio informativo se non sono accompagnati dal rigore nel far rispettare le regole, che è tipicamente minore nelle imprese più piccole".