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Costituzionalismo, declinazioni del principio pacifista e conflitti armati

, di Andrea Costa
Arianna Vedaschi analizza la trasformazione del concetto di guerra

Il concetto di guerra, a lungo considerato quasi un’astrazione nei paesi europei, è tornato tristemente alla ribalta con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le implicazioni di questi avvenimenti nel panorama del diritto pubblico comparato sono state trattate da Arianna Vedaschi del Dipartimento di Studi Giuridici in un articolo (“Costituzionalismo, declinazioni del principio pacifista e conflitti armati”) che ha concluso i lavori del seminario annuale dell’Associazione di Diritto Pubblico Comparato ed Europeo e poi pubblicato dalla rivista DPCEonline.

Arianna Vedaschi analizza la metamorfosi del concetto di guerra e le conseguenti implicazioni dell’idea di difesa, sicurezza e pace attraverso l'ottica del diritto costituzionale comparato, esplorando le implicazioni del principio pacifista nei contesti di conflitti armati contemporanei, con particolare riferimento alla crisi russo-ucraina. La storia dei tentativi di limitare o regolare la guerra tramite il diritto internazionale evidenzia un cambiamento nel modo di percepire e affrontare la guerra dal 1945 in poi. Ma già i Costituenti italiani avevano chiara la necessità di rendere possibile l’adesione dell’Italia al blocco atlantico pur partendo dalla condizione di nazione sconfitta. Su questa premessa, Vedaschi sostiene un’interpretazione integrata tra la prima e la seconda parte dell’art. 11 Cost., ossia il rifiuto della guerra di aggressione e il divieto di ricorrere alla forza armata (il cosiddetto “principio pacifista”) che richiede una lettura integrata con la parte che richiama l’adesione alle organizzazioni internazionali.

In Germania, la decisione di inviare armi all'Ucraina e di destinare il 2% del PIL alla difesa rappresenta una svolta epocale nella politica di difesa del paese, segnata dall'approvazione di una riforma costituzionale che consente l'indebitamento per potenziare la capacità di difesa. Tuttavia, la questione della legittimità costituzionale dell'invio di armi all'Ucraina ha sollevato dibattiti in diversi paesi europei. In Italia, il sostegno al paese aggredito, anche con l’invio di armi, è stato oggetto di vivace dibattito sia nell’arena politica sia tra gli studiosi. Diversamente da chi lo considera una violazione del principio pacifista, Vedaschi, basandosi su un’interpretazione integrata tra la prima e la seconda parte dell’art. 11 Cost., lo ritiene compatibile con il dettato costituzionale.

Anzi, secondo Arianna Vedaschi, “gli aggrediti hanno il naturale diritto (morale e giuridico) di difendersi e di lottare non solo per porre fine al conflitto, ma per ottenere condizioni di pace accettabili (ad esempio in relazione all’assetto territoriale antecedente l’invasione). In parallelo, gli Stati terzi non direttamente aggrediti, come membri della comunità internazionale, sono non solo legittimati ad agire nei circuiti di sicurezza collettiva a salvaguardia del rispetto del diritto internazionale, ma potrebbero risultare addirittura tenuti ad intervenire, in termini di responsabilità internazionale, per reagire alla violazione.”

Le costituzioni democratiche-liberali non definiscono il concetto di guerra, lasciandolo al diritto internazionale. Tuttavia, negli ultimi decenni, il ricorso alla forza armata ha assunto forme complesse, spesso non riconducibili alla dicotomia tradizionale tra conflitti interni e internazionali. Esempi significativi includono le missioni di peacekeeping, peace-enforcement e operazioni di polizia internazionale come le “extraordinary renditions” e i “targeted killings” nella lotta al terrorismo.

Secondo Vedaschi “la nascita dei conflitti ibridi non solo conferma il venire meno di un cartesiano orizzonte spazio-temporale, ma si caratterizza per una intrinseca contaminazione delle categorie e, dunque, lascia ampi margini di analisi, anche sul piano meramente definitorio-concettuale, orientato a capire quali sono i fattori integranti la parte non tradizionale del bellum e come questi stessi fattori interagiscono con gli assetti istituzionali.”

Le costituzioni delle democrazie occidentali attribuiscono il potere di deliberare lo stato di guerra alle assemblee rappresentative, ma nella pratica si è spesso assistito a un attivismo degli esecutivi, tra l’altro purtroppo non sempre improntato alla massima trasparenza. Diventa quindi evidente la necessità di riforme per adeguare le norme costituzionali alle realtà emergenziali moderne.

Il quadro che si è andato delineando implica delle scelte importanti anche da parte dell'Unione Europea, che sta mostrando una transizione da entità pacificatrice a attore militarmente più attivo. La questione della legittimità dell'uso della forza armata viene analizzata in relazione ai principi costituzionali e al diritto internazionale, considerando le restrizioni imposte dalla Carta delle Nazioni Unite e le leggi costituzionali nazionali.

ARIANNA VEDASCHI

Bocconi University
Dipartimento di Studi Giuridici