La tradizione cosmopolita. Un ideale nobile ma imperfetto
Dal 13 febbraio è in libreria il nuovo saggio La tradizione cosmopolita. Un ideale nobile ma imperfetto (Bocconi Editore, 248 pagg.; 25 euro) di Martha C. Nussbaum, una delle più note e accreditate pensatrici contemporanee, capace di coniugare rigore filosofico e impegno civile.
Ernst Freund Distinguished Service Professor presso la Law School e il Dipartimento di Filosofia dell'Università di Chicago, collaboratrice di lungo corso su progetti di sviluppo umano delle Nazioni Unite, già Presidente della Human Development and Capabilities Association che ha fondato nel 2004 insieme al Premio Nobel per l'Economia Amartya Sen, Nussbaum continua a incidere significativamente sul dibattitto politico internazionale.
Ripercorrendo alcuni classici della riflessione gius-filosofica occidentale in tema di cosmopolitismo (a partire dagli stoici e da Cicerone per arrivare ad Adam Smith), il nuovo libro della filosofa statunitense affronta con passione i grandi temi dell'oggi: dal ruolo delle nazioni a quello delle organizzazioni internazionali, dai diritti delle minoranze alle crisi migratorie.
La sovranità della nazione
Tema certamente spinoso e fortemente dibattuto (i curdi restano un popolo senza nazione), Nussbaum sgombera il campo da possibili strumentalizzazioni politiche: «Vorrei sottolineare subito che la centralità morale della nazione non comporta affatto – anzi nega esplicitamente – quel tipo di fragoroso nazionalismo in stile "prima noi" che in questi giorni ci è fin troppo familiare».
Dunque, un patriottismo «nobile», inteso come «fedeltà a valori chiave per arrivare a un giusto ordine globale», non giocato sui toni dell'«America first» o del «prima gli italiani», ma fondato sulla concezione della nazione quale depositaria suprema di potere decisionale in quanto «sottoposta al controllo dei cittadini di ciascuna nazione attraverso le scelte politiche e le leggi che si sono dati».
Liberalismo politico, pluralismo religioso, diritti civili
A Nussbaum stanno a cuore le minoranze svantaggiate, la cui identità è stata minata dai gruppi dominanti: «Rispettare i propri concittadini significa rispettare la loro scelta di vivere la propria vita come preferiscono, in base alle proprie convinzioni, finché esse non intaccano i diritti fondamentali di qualcun altro».
Che fine fa il diritto internazionale dei diritti umani?
Se la nazione ha un ruolo essenziale nel panorama mondiale, ne deriva «la perdurante fragilità e inefficacia del diritto internazionale dei diritti umani».
L'affermazione è forte e problematica e merita di essere ben compresa. Per Nussbaum, «gli accordi internazionali hanno soprattutto un valore morale e dimostrativo [di moral suasion, potremmo dire], assai più che legale. Il diritto internazionale non incide direttamente sulle leggi nazionali, e probabilmente è giusto così».
Ciò non impedisce a Nussbaum di riconoscere che «il diritto internazionale dei diritti umani [si pensi per esempio al movimento femminista internazionale] aiuta i movimenti politici a organizzarsi per combattere le ingiustizie e cambiare le cose nella propria nazione». Questa forma di influenza è sempre preferibile perché più rispettosa dell'autonomia dei cittadini.
Gli aiuti materiali: le Ong e il loro ruolo
Tutta l'analisi di Nussbaum si fonda sul superamento della dicotomia tra doveri di giustizia e doveri di aiuto materiale. Se in Cicerone a un universale dovere di giustizia non corrisponde un universale dovere di aiuto materiale (elargito, quest'ultimo, a chi ci è più vicino, parente, amico o concittadino), Nussbaum va ben oltre e sostiene che è un obbligo di giustizia fornire aiuto materiale a livello internazionale. Ma come?
Gli aiuti vanno sempre incanalati attraverso istituzioni democratiche, da governo a governo e, occasionalmente, da governi a Ong, purché queste siano espressione della volontà popolare.
Fondamentale resta sempre il tema della responsabilità e sovranità nazionale: «Se una qualsiasi Ong diventa un potente policy-maker su scala mondiale, ciò intacca la sovranità delle nazioni esattamente come accade con le grandi aziende multinazionali. È vero che, a differenza delle multinazionali, che sono orientate al profitto, le organizzazioni di aiuto di solito hanno finalità benefiche. Ma [...] la Ong, o la fondazione, non è stata eletta dagli abitanti del mondo, che è probabile vogliano decidere il proprio futuro in prima persona».
Flussi migratori e richiedenti asilo
Le nazioni hanno il diritto di proteggere la propria sicurezza e la propria cultura politica nazionale. Tuttavia, per Nussbaum «ciò non comporta alcun diritto di adottare politiche fobiche di esclusione che non siano giustificate da prove empiriche, né di difendere le tradizioni etniche o religiose nazionali dal pluralismo e dalle sfide che l'immigrazione di solito comporta».
Approccio delle capacità
In conclusione del volume, Nussbaum applica a tutte queste tematiche la sua versione dell'«approccio delle capacità» (una lista di dieci capacità – dalla salute e integrità fisica all'immaginazione e allo sviluppo emotivo – che una nazione deve garantire, almeno a livello minimo, se vuole definirsi giusta), per la «creazione di una società internazionale che si fondi principalmente sulla persuasione morale, al fine di mobilitare i cittadini a lottare per la giustizia all'interno del proprio paese».
Nel fare questo, Nussbaum si spinge oltre la tradizione, elaborando un approccio delle capacità che attribuisce agli animali pari importanza e dignità, toccando ancora una volta un tema di strettissima attualità (i diritti degli animali).
Martha C. Nussbaum è Ernst Freund Distinguished Service Professor presso la Law School e il Dipartimento di Filosofi a dell'Università di Chicago. Nota a livello internazionale per i suoi studi di fi losofi a antica greca e romana, di fi losofi a femminista, di fi losofi a politica e di fi losofi a delle arti, ha ricevuto numerosi riconoscimenti e lauree honoris causa. Tra i premi di cui è stata insignita ricordiamo il Berggruen Prize nel 2018, il Don M. Randel Award for Humanistic Studies dell'American Academy of Arts and Sciences sempre nel 2018, e il Kyoto Prize in Arts and Philosophy nel 2016. È autrice di numerosi libri e articoli, molti dei quali tradotti anche in italiano.
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