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Il dietro le quinte della finanza italiana e internazionale

, di Susanna Della Vedova
Gli effetti del divorzio tra finanza e industria. La denuncia di errori e complicità, ma anche le indicazioni pratiche per un cambiamento positivo, questo in I Guasti del libero mercato di Arnaldo Borghesi
Arnaldo Borghesi
I guasti del libero mercato. Gli effetti del divorzio tra finanza e industria
Egea, 137 pag, 18 euro

Molta della finanza facile, quella che oggi è in default, è stata fatta dai giovani trentenni di Londra e New York: intelligenti, cinici, lavoratori; ma anche ignoranti, presuntuosi, arroganti: erano l'élite destinata a cambiare il mondo e trattavano coloro che con prudenza ricordavano le situazioni negative di un passato pur recente come ruderi da museo. La ragioneria poi era una materia da trogloditi: quanti fra i giovani bankers sapevano che cos'è, e sapevano usare, un mastrino? E quanti, invece di imparare la lezione di Lehman, hanno scelto di rimuovere e ignorare tutto?

In I guasti del libero mercato (Egea, 137 pag, 18 euro), l'autore Arnaldo Borghesi ripercorre le fasi salienti della prima crisi letteralmente globale, originata dalla finanza e propagatasi poi all'economia reale, i cui effetti stanno influenzando, e continueranno a influenzare nei prossimi anni, le economie mondiali e soprattutto quella italiana.

Nel libro vengono approfondite le radici della crisi, da ricercarsi sia nella storia economica e politica degli ultimi tre-quattro decenni, sia nelle scelte sbagliate operate da parte delle autorità competenti e dagli atteggiamenti di coloro che operano nella finanza. Sono loro che hanno contribuito, secondo l'autore, a creare le condizioni perché i pilastri su cui si basava il sistema del libero scambio e della deregulation crollassero: dalla crescita dimensionale delle grandi corporation e delle banche, che sono diventate troppo grandi per fallire anche quando i loro bilanci l'avrebbero imposto, all'utilizzo spregiudicato della leva finanziaria nelle operazioni di M&A, al fallimento degli organismi di controllo, al superamento del concetto stesso di rischio da parte della moderna ingegneria finanziaria.
La conclusione è chiara: l'obiettivo di massimizzazione dei profitti a breve da parte delle banche e del mondo finanziario in genere ha condotto ad una politica del credito "facile" che, in spregio ad un'attenta valutazione del rischio, ha inondato per anni di liquidità le economie. Ma il gioco non ha retto e l'economia reale delle imprese e delle famiglie ne sta pagando il conto.
La seconda parte del libro, Borghese la dedica all'analisi della crisi in Italia, una crisi che si è innestata sulla crisi internazionale, ma che nel nostro Paese ha caratteristiche peculiari. In Italia la crisi si origina dalla stessa struttura finanziaria e dall'assetto regolamentare di un Paese in cui la proprietà delle aziende è ancora soprattutto privata e dove i patti di sindacato, le partecipazioni incrociate, le holding a cascata, le azioni a voto limitato sono strumenti largamente utilizzati, non solo al fine di mantenere il controllo limitando il più possibile gli investimenti di capitale, ma anche per consentire a gruppi di azionisti di perseguire interessi eterogenei, spesso distanti dalla mera creazione di valore.
Dato il venir meno di motivazioni di carattere economico, qual è il collante che tiene insieme nel patto di sindacato RCS azionisti tanto eterogenei? I meccanismi di controllo di Generali, di Intesa Sanpaolo e di Unicredit rispondono agli effettivi interessi dei soci, tra cui il mercato? Tali meccanismi sono allineati agli standard delle public company di matrice anglosassone? In che misura il "peccato originale" della privatizzazione di Telecom Italia e della successiva OPA di Colaninno ha influito, influisce e continuerà ad influire sulle scelte industriali e sulle decisioni strategiche del primo gruppo telefonico italiano?
Nella terza e ultima parte, infine, l'autore fa una disamina dei principi e delle pratiche della finanza straordinaria, che la crisi ha messo in discussione, anche questi però letti attraverso il racconto di casi dalla della nostra storia finanziaria recente: dalla fusione tra Unicredit e Capitalia alla conquista di Antonveneta da parte di ABN Amro prima e di Monte dei Paschi poi, dalla battaglia per il controllo di BNL alle vicende della Popolare di Lodi.
Arnaldo Borghesi è partner della Borghesi Colombo & Associati S.p.A, società di advisory in operazioni di finanza straordinaria. E' stato amministratore delegato di Lazar Italia e direttore generale di Cofide, holding del Gruppo De Benedetti. Insegna finanza straordinaria d'impresa all'Università di Trento e crisi di impresa all'Università Bocconi.

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