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Fabris: La società post-crescita può essere migliore

, di Fabio Todesco
Costretto a spendere meno, il consumatore si è accorto che può spendere meglio, rispettando gli altri e l’ambiente senza rinunciare alla qualità, rivela Giampaolo Fabris analizzando i nuovi trend di consumo

Giampaolo Fabris
La società post-crescita
Consumi e stili di vita
Egea, 2010
430 pagine, 26,50 euro

La crescita economica non si è soltanto interrotta per via della crisi, ma ha anche smesso di essere vissuta come valore assoluto. Nella società italiana, e non più solo in nicchie ristrette, si fa strada la convinzione che siano possibili e apprezzabili stili di vita contraddistinti dalla "condanna dello spreco, l'attenzione alla sostenibilità ambientale, il disagio per le forti sperequazioni sociali, una maggiore oculatezza nello spendere, la presa di distanza da processi di accumulazione di beni e servizi scissi da una loro effettiva fruizione, uno shift di attenzione dai beni identitari a quelli relazionali, un diffuso goodwill verso le marche che si caratterizzano per una maggiore attenzione alla dimensione etica".

A indicarlo, secondo Giampaolo Fabris (La società post-crescita. Consumi e stili di vita, Egea, 2010, 430 pagine, 26,50 euro) sono i più recenti sviluppi dei consumi che, in un trend complessivamente negativo a causa della crisi, vedono andare controcorrente comparti come l'alimentazione biologica o il benessere, mentre sembra definitivamente superata la fase di bulimia dei consumi che aveva contraddistinto gli ultimi anni. I tempi di sostituzione di automobili ed elettrodomestici si allungano in assenza un'usura effettiva, i guardaroba si restringono, in tavola arriva meno quantità, ma più qualità e al possesso si comincia a preferire l'accesso. Il cittadino, in quanto a disponibilità a sobbarcarsi gli impegni della raccolta differenziata dei rifiuti, ha abbondantemente scavalcato le capacità organizzative delle amministrazioni locali. Anche in economia, viene messa in discussione la tirannia del Pil come unico indicatore di sviluppo.

A dare conto con maggiore trasparenza di questo mutamento è il settore alimentare. "Gli italiani che dichiarano di consumare regolarmente cibi biologici passano dal 22% del 2008 al 26% del 2009 (circa il 3% della spesa alimentare complessiva delle famiglie italiane). Nielsen segnala che, nella prima metà del 2009, si è registrato nella Gdo un aumento del biologico dell'8,5%. L'Italia, con circa 50.000 produttori che adottano tecniche di coltivazione rispettose dell'ambiente alimentando un mercato di circa 3 miliardi di euro e oltre un milione di ettari dedicati, è il primo produttore al mondo nell'agroalimentare biologico", mentre si diffondono forme alternative di distribuzione come i farmer market e l'agriturismo, attente al valore dei prodotti del territorio.

Le nuove valenze altruistiche e solidaristiche di cui si tinge il consumo non devono però generare confusioni con una radicale e velleitaria ideologia della decrescita, che non trova cittadinanza al di fuori di circoli limitati. Il consumatore, costretto dalla crisi a spendere meno, ha scoperto che può spendere meglio, affrancandosi in parte dai miti delle marche: i monogami, che nel 1995 erano il 47,9% della popolazione, oggi sono solo il 39% e i livelli di soddisfazione sono crollati.

Fabris interpreta il cambiamento come la rivincita di uno stile di vita mediterraneo contrapposto a quello anglosassone e ne vede la tangibile conferma nel salvataggio di Chrysler da parte di Fiat, nel nome dello sviluppo di auto più economiche e rispettose dell'ambiente, nonché nella diffusione di nuove abitudini alimentari anche negli Stati Uniti.

Il sociologo ammette di individuare una tendenza ancora nella sua fase iniziale. "Il più forte ostacolo alla sua diffusione", scrive, "è la mancanza di una elaborazione collettiva, di paradigmi a cui fare riferimento, l'assenza di modelli proposti dai media". I consumatori, però, si stanno attrezzando anche per questo: il web si sta rivelando decisivo nel superamento della passività, dovuta a una forte asimmetria informativa, che ha caratterizzato in passato il loro rapporto con i produttori e il libro di Fabris potrebbe rappresentare un importante nucleo di elaborazione teorica per il movimento emergente.

Giampaolo Fabris è professore di sociologia dei consumi all'Università Iulm, dopo avere insegnato alle università di Torino, Venezia Ca' Foscari, Trento e Vita-Salute S. Raffaele.

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