Tre ore per diventare Project manager
Pianificare la cerimonia di apertura di un museo a Dubai è pane quotidiano per un'azienda come Balich Worldwide Shows, che si occupa proprio di organizzazione di eventi su larga scala in tutto il mondo. È stato invece una bella sfida per gli studenti del corso di Project and team management, iscritti al biennio in Economics and Management in Arts, Culture, Media and Entertainment (Acme). "Non c'è modo migliore per capire come gestire progetti complessi e team molto grandi (si parla anche di 800 persone, volontari e fornitori esclusi) rispetto a quello di mettersi alla prova su un progetto vero e confrontarsi con chi lo fa di mestiere", afferma la docente Beatrice Manzoni, responsabile del corso. "Partecipare a queste iniziative è importante anche per noi aziende, non solo perché è una ulteriore occasione per vedere il nostro lavoro sotto una luce diversa, ma anche un modo per individuare idee fresche e giovani talenti", aggiunge Christina Lidegaard, Project manager di Balich e laureata Acme.
I manager dell'azienda hanno partecipato a tre lezioni, le prime due dedicate alla presentazione e alla definizione della request proposal, mente nell'ultima gli studenti si sono divisi in gruppi e hanno lavorato al progetto. "Una delle difficoltà è stata proprio questa: avere solo tre ore in classe per preparare la nostra proposta e presentarla di fronte alla Project manager", dice Ludovica Salerno, studentessa. Il compito degli studenti era occuparsi degli aspetti organizzativi: il project charter, documento che definisce il progetto dalla panoramica sino agli obiettivi, la struttura analitica dell'organizzazione, cioè la definizione delle responsabilità e dei ruoli, l'analisi degli stakeholder e la Gantt chart, diagramma utilizzato nelle attività di project management che schematizza le tempistiche, le mansioni e le attività relative al progetto.
"Un aspetto molto interessante per noi è stato il contesto: un conto è organizzare un evento di questa portata qui in Italia, o in Europa, un conto è farlo in un paese come Dubai, con cultura completamente diversa, di cui naturalmente bisogna tenere conto nella fase organizzativa, come tutte le altre", precisa Fabio Sorrenti, studente. "Nel nostro progetto abbiamo affrontato questo aspetto inserendo il ruolo del consulente culturale, una figura di riferimento che facilitasse il dialogo, una sorta di mediatore culturale", aggiunge Ludovica. "Abbiamo imparato tanto: oltre ad aver lavorato in tempi molto serrati, abbiamo capito cosa significa rispettare le direttive date dal committente e cercare di trovare un modo per accontentare sia il mercato che il pubblico. Tutto questo anche grazie alla presenza in classe di Balich, da cui ci siamo sentiti molto seguiti".