Nichilismo digitale
Nell'epoca dei social media – in cui l'individuo è sempre più inseparabile dalla piattaforma e il social networking diventa sinonimo di "sociale" -, tristezza, disagio e distrazione sembrano ubiqui. Non appena smettiamo di cliccare, navigare, scorrere e likare, ci resta solo un senso di noia, di torpore, di vuoto. È una questione di progettazione, di design: i nostri stati d'animo patologici sono codificati fin dal principio nell'architettura delle piattaforme. Peraltro, l'alone di meraviglia che un tempo circondava blog, app e social media si è dissolto. Swipare, condividere, dare il like sono ormai gesti vuoti, routine senz'anima. Abbiamo iniziato a togliere amicizie e follow, ma non possiamo cancellare i nostri account, perché equivarrebbe a suicidarsi socialmente. L'unica sarebbe eliminare tutto con un bel clic. E poiché non accade, ci sentiamo in trappola e non ci resta che consolarci con i meme.
Prima di disegnare alternative, sostiene Lovink, è indispensabile un'analisi tanto lucida quanto brutale sugli scenari digitali contemporanei, che consenta di comprendere a fondo i meccanismi di funzionamento e la psicologia delle piattaforme dei social media: dalle sensazioni di noia e malinconia agli atteggiamenti contraddittori verso i selfie, alla politica regressiva dei meme e alle (più o meno) nuove forme di violenza tecnologica.
Rifuggendo da strali moralistici, intenti pedagogici o sterili pulsioni regolatorie, Geert Lovink in Nichilismo digitale (Università Bocconi Editore – UBE 2019; 224 pagg, 22 euro) abbina una critica radicale di internet al tentativo di fare i conti con gli sbalzi d'umore – assai reali – degli utilizzatori delle piattaforme. "Questo libro - spiega l'autore - si sofferma su un mondo digitale che ormai non si limita a mescolarsi alla quotidianità ma la influenza sempre più, riduce le nostre capacità, condiziona la nostra realtà. Il volume passa in rassegna una serie di aspetti dei social media: il culto del selfie, la politica dei meme, la dipendenza da internet e la nuova normalità del comportamento narcisista. Nella prima parte analizziamo il funzionamento della tristezza, mentre la seconda parte si concentra sugli aspetti teorici e strategici.
La terza parte si sofferma sulla moda del selfie e di quel suo corrispettivo anonimo che è il «disegno della maschera». L'ultima parte è dedicata all'industria dei dati per le aziende e dei sistemi di sorveglianza che orientano i comportamenti di massa verso una nuova forma di alienazione sociale". Il libro di Lovink rappresenta dunque una tagliente riflessione critica sui social media e le piattaforme: attraverso il cassetto degli attrezzi dei media studies, della sociologia delle reti e degli internet studies, l'autore svela la brutale realtà del nichilismo digitale, prospettando al contempo possibili architetture alternative fondate su una decentralizzazione delle reti e sulla nozione di beni comuni (commons) digitali
Geert Lovink è fondatore e direttore dell'Institute of Network Cultures presso l'Amsterdam University of Applied Sciences (HvA) e professore alla European Graduate School, Saas-Fee/Malta. È uno dei massimi studiosi dei nuovi media e della Rete. Tra i suoi libri precedenti, Ossessioni collettive (UBE, 2012) e L'abisso dei social media (UBE, 2016).
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