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Un cubo di Rubik chiamato fiducia

, di Martina Pasquini
Castaldo, Premazzi e Zerbini analizzano un costrutto come quello di trust, centrale nel marketing, la gestione delle risorse umane, le relazioni di lavoro, le relazioni inter-organizzative e l'etica del business

Riconoscere che il concetto di fiducia ha la propria 'struttura architetturale' e ogni parte che la costituisce è presente nella letteratura e può essere sviluppata dagli studiosi di diversi fields in modo collaborativo fa sì che un vero e proprio processo di accrescimento della conoscenza di questo costrutto teorico possa essere avanzato e consolidato. Questa è una delle maggiori conclusioni dell'articolo The Meanings of Trust(s). A Content Analysis on the Diverse Conceptualizations of Trust in Scholarly Research on Business Relationships, di Sandro Castaldo, Katia Premazzi e Fabrizio Zerbini (Dipartimento di Marketing) pubblicato dal Journal of Business Ethics (2010, vol. 96: 657-668, doi: 10.1007/s10551-010-0491-4).

Il concetto di 'trust', ossia di 'fiducia', è progressivamente proliferato in diversi campi disciplinari, diventando un concetto cruciale per capire il management delle risorse umane e le relazioni di lavoro, il marketing management e le relazioni inter-organizzative, nonché le varie questioni etiche negli studi di business. Dunque, sebbene le ricerche esistenti affermino che la fiducia ha un'importanza fondamentale come incentivo alla reciproca onestà e soddisfazione tra agenti economici, poiché li scoraggia dalla deviazione delle norme sociali, in letteratura ancora non esistono né un accordo generale né una definizione accettata di questo concetto. L'articolo di Castaldo, Premazzi e Zerbini affronta questa problematica cercando sia di individuare le varie componenti del costrutto sia di ricostruire la sua evoluzione, focalizzandosi in particolar modo sul suo ruolo nelle relazioni di mercato.

La sfida di questo lavoro è stata quella di decomporre il concetto di fiducia seguendo inizialmente un approccio statico e successivamente uno dinamico. In relazione al primo step, gli autori hanno messo insieme le definizioni di fiducia pubblicate sui journal più influenti in materia di marketing, organizzazione e strategia negli ultimi venti anni. Poi, attraverso la thematic e la content analysis delle definizioni raccolte, essi hanno ottenuto alcuni schemi ricorrenti, sono risaliti alla frequenza dei termini più ripetuti e hanno steso una mappa lessicale dei termini che stabilmente ricorrono insieme. Questo tipo di analisi è servito ad analizzare il contenuto del costrutto e dei building block che lo compongono. Come seconda metodologia di indagine, gli autori sono riusciti ad individuare le radici di questa diversità tra le definizioni e l'origine dei suoi building block attraverso la ricostruzione dell'evoluzione della definizione, servendosi della network analysis.

Come ipotizzato, da un lato la content analysis dimostra che il trust è un costrutto poliedrico formato essenzialmente da cinque componenti. Esse includono 'i soggetti' (ovvero il 'trustor' e il 'trustee' indicati da termini più o meno generici come l'altra parte, l'agente o il consumatore, l'acquirente, il venditore, ma tutti caratterizzati da competenza, benevolenza e integrità morale) e la natura concettuale della loro relazione, che è indicata come volontà, aspettativa o atteggiamento. In più ci sono le altre tre componenti che comprendono l'oggetto (ovvero le azioni), le conseguenze e le caratteristiche del contesto. È interessante notare, in relazione a questi ultimi aspetti, come la fiducia sia spesso associata all'incertezza, ma diversamente gli outcome a lei correlati siano descritti come favorevoli e prevedibili. Allo stesso tempo, la co-occurrence analysis dei diversi building block evidenzia che essi seguono schemi stabili e tendono ad apparire nelle definizioni con alcune associazioni ricorrenti: la combinazione 'soggetti' con 'natura concettuale del trust' è l'esempio più frequente.

Dall'altro lato, come passaggio finale, la centralità network analysis mette in primo piano che solo due paper, che definiscono il trust come 'willingness to rely' o 'confidence', sono molto citati e ampiamente connessi ad altri paper, il che indica che pochi studi hanno sostanzialmente contribuito al processo di evoluzione del concetto di trust.

Dall'insieme delle evidenze empiriche, gli autori concludono usando una simpatica metafora. Sebbene solo due pezzi siano quelli costantemente utilizzati e diventati centrali all'evoluzione della letteratura, la fiducia è comunque un concetto multiforme, simile al cubo di Rubik. Ogni blocco ha diverse facce e gli studiosi decidono quale blocco, quale sua faccia e quale tipo di combinazione usare. È esattamente da queste scelte discrezionali degli autori che nasce l'eterogeneità del concetto attraverso i vari studi.