Le lunghe ombre del colonialismo occidentale
Nel maggio scorso, il neoeletto presidente della Repubblica Democratica del Congo si è recato in visita in Cina per rinegoziare i termini di un accordo stipulato tra i due Stati nel 2008. L'accordo sino-congolese sulle miniere (Sicomines) è un "baratto" che consente alla Cina di estrarre terre rare (soprattutto cobalto), in cambio di un programma di investimenti. La scarsa dotazione infrastrutturale della RDC è solo uno dei chiodi nella bara di uno dei Paesi più ricchi, ma anche più poveri della Terra. Oggi quasi due terzi dei congolesi, circa 60 milioni in un Paese grande come l'Europa occidentale, vive con meno di 2,15 dollari al giorno. I legami tra Cina e RDC risalgono all'indipendenza del Paese e oggi la Cina è il principale partner commerciale del Congo. La Cina gode di un'opinione molto favorevole da parte di una percentuale schiacciante della popolazione dell'Africa subsahariana.
La RDC è l'esempio perfetto delle lunghe ombre del colonialismo occidentale. Il Congo Belga fu il risultato della spartizione dell'Africa tra le potenze europee in seguito alla Conferenza di Berlino del 1885. La "corsa all'Africa" incarnava la volontà delle potenze europee di ottenere il controllo delle risorse naturali, ma anche di realizzare un destino morale di civiltà, esportando allo stesso tempo la propria aggressività geopolitica al di fuori del Vecchio Continente. Il risultato è stato sempre sfruttamento, catastrofi ambientali, atrocità etniche, saccheggi, violenze, repressioni e disuguaglianze diffuse. Inoltre, gli europei disegnarono i confini delle loro colonie senza tener conto dell'etnia, ponendo le basi per futuri scontri tribali. Pochissimi contemporanei azzardarono delle critiche, come nel caso del romanziere inglese Joseph Conrad nel suo romanzo del 1899 "La terra delle tenebre", che aveva come protagonista proprio il Congo belga.
Gli imperi coloniali esasperarono le strutture asimmetriche intrinseche al dominio imperiale, enfatizzando la polarizzazione del potere nelle mani di "happy few" colonizzatori, socialmente distanti dal resto della popolazione.
Le due guerre mondiali hanno avuto un impatto profondo sul dominio imperiale. La Grande Guerra gettò indiani, africani e indocinesi nelle trincee europee, piantando contemporaneamente i semi dei sentimenti nazionalistici. Il conflitto successivo rese gli imperi d'oltremare obsoleti e, per molti europei che avevano sperimentato il dominio nazista, moralmente insostenibili in un mondo in cui si stavano diffondendo i movimenti per i diritti umani.
In circa due decenni l'indipendenza si diffuse in gran parte dell'Africa e del Sud-Est asiatico; in alcuni casi pacificamente, in altri, come nell'Algeria e nell'Indocina francesi o nell'Indonesia olandese, con conflitti pervasi da una violenza spietata.
Tuttavia, una decolonizzazione mal gestita è stata forse anche peggiore. Tornando alla RDC, il Belgio concesse graziosamente l'indipendenza, ma fece tutti gli sforzi possibili per preservare il controllo che le imprese belghe (soprattutto la potente Union Miniére) avevano sulla zona più ricca del Paese, il Katanga. Una rivolta separatista scoppiata pochi giorni dopo la festa dell'indipendenza, il 30 giugno 1960, culminò in un colpo di Stato militare contro il neoeletto Primo Ministro Patrice Lumumba, poi imprigionato, assassinato e sciolto nell'acido dai ribelli, con il supporto logistico di ufficiali belgi e francesi, in un quadro in cui la Guerra Fredda si intrometteva sempre più nei processi di decolonizzazione.
Pochi anni prima del massacro di Lumumba, nel 1955, molte ex colonie si riunirono a Bandung, in Indonesia. Il primo incontro del Movimento dei Non Allineati mirava a rompere con la logica della Guerra Fredda: sviluppo e diritti umani, invece di ideologia e geopolitica. Il ministro degli Esteri cinese, Zhou-En-Lai, in un magistrale discorso ha sottolineato come le ex colonie (tra cui la Cina rivoluzionaria, dopo un lungo secolo di umiliazioni finalmente libera dalla sottomissione occidentale) abbiano il diritto di risollevarsi, sconfiggendo la povertà, grazie al rispetto e al sostegno reciproco.
Nel salutare la visita del presidente della RDC, il Global Times, voce di punta del governo, ha sottolineato come la disponibilità cinese a sostenere "i Paesi africani sulla base dei loro interessi e delle loro necessità non è mai cambiata negli ultimi sessant'anni e non cambierà in futuro, in netto contrasto con gli Stati Uniti e alcuni Paesi occidentali che pongono condizioni politiche all'assistenza".
Insomma, la lunga ombra della colonizzazione è pienamente all'opera e spiega gran parte dell'odierna corsa all'Africa.