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Imparare dal mercato. La diffusione di conoscenza tra i partecipanti alle manifestazioni fieristiche

, di Fabio Todesco
Un articolo di Diego Rinallo e Francesca Golfetto su Economic Geography analizza le fiere come distretti industriali temporanei e indica come arricchire l'esperienza di apprendimento di visitatori ed espositori

Le manifestazioni fieristiche sono luoghi "ricchi di conoscenza", dove gli attori economici possono apprendere gli uni dagli altri e ottenere input cruciali per l'innovazione. Di conseguenza, tali eventi sono luoghi centrali nella sempre più globalizzata economia della conoscenza – un fatto che è stato finora quasi totalmente ignorato dalla letteratura in materia, che considera le fiere solo nella loro funzione promozionale per le aziende espositrici. Sebbene l'acquisizione di conoscenza possa accadere in maniera spontanea, gli organizzatori di manifestazioni fieristiche possono agire come una "mano visibile" in grado di strutturare l'apprendimento e l'interazione tra gli attori convenuti, aumentando la portata conoscitiva di tali eventi. È questa la tesi principale dell'articolo Exploring the Knowledge Strategies of Temporary Cluster Organizers: A Longitudinal Study of the EU Fabric Industry Trade Shows (1986-2006) di Diego Rinallo e Francesca Golfetto (Dipartimento di Marketing, Università Bocconi), pubblicato su Economic Geography (2011, 87(4): 453-476 doi: 10.1111/j.1944-8287.2011.01127.x).

L'articolo è teoricamente situato nella letteratura sugli industrial cluster (meglio noti nel nostro paese come distretti industriali), che sono stati di recente concepiti secondo un'ottica knowledge-based. Secondo questa prospettiva teorica, le manifestazioni fieristiche possono essere viste come spazi relazionali in grado di supportare forme temporanee di prossimità organizzata tra attori altrimenti geograficamente distanti. Di conseguenza, tali spazi sono adesso considerati "cluster temporanei", caratterizzati da meccanismi di creazione e scambio di conoscenza simili a quelli dei cluster permanenti, sebbene più intensi e di durata limitata. Prendendo questi sviluppi come punti di partenza teorici, Rinallo e Golfetto si concentrano sugli organizzatori fieristici e sul loro ruolo, finora in gran parte inesplorato, come attori cruciali in grado di facilitare l'apprendimento presso le proprie manifestazioni. Tale ricerca trova un parallelo negli studi sui cluster permanenti, che di recente hanno iniziato a identificare le pratiche attraverso cui attori collettivi come le associazioni imprenditoriali e professionali stimolano l'apprendimento e l'interazione tra le imprese localmente insediate.

Dal punto di vista empirico, l'articolo si basa su un'analisi delle manifestazioni fieristiche più importanti nel comparto dei tessuti per abbigliamento nel periodo 1986-2006 nell'Unione Europea. Il campione include manifestazioni internazionali di diverse nazioni europee, analizzate longitudinalmente e comparate in maniera rigorosa al fine di far emergere i meccanismi di generazione e diffusione della conoscenza posti in essere dai rispettivi organizzatori. Sotto il profilo metodologico, lo studio è basato su fonti miste, tra cui dati statistici forniti dall'Osservatorio Fiere del CERMES Bocconi, articoli pubblicati sulla stampa settoriale, interviste con organizzatori fieristici e imprese leader nell'industria del tessile-abbigliamento, e osservazioni sul campo prolungate presso alcuni degli eventi studiati.

Lo studio mostra che non tutte le fiere offrono alle aziende che vi prendono parte lo stesso potenziale in termini di conoscenza. Per esempio, le fiere volte a favorire l'export di certi distretti industriali o di specifiche industrie nazionali spesso adottano pratiche protezionistiche che limitano i contatti e riducono il potenziale di apprendimento sia per gli espositori sia per i visitatori. Tali ridotti contatti sono però almeno in parte compensati da interazioni più approfondite tra i produttori locali e buyer selezionati. Allo stesso modo, altre fiere possono essere import-oriented, generando così diverse tipologie di limiti e opportunità.

Il lavoro di Rinallo e Golfetto mostra anche come gli organizzatori fieristici possano fare molto per migliorare il rilascio e l'acquisizione di conoscenza. Le pratiche più importanti sono le seguenti: il coinvolgimento dei produttori più innovativi e dei leader del settori tra gli espositori, dato che tali aziende sono quelle che sviluppano (e cedono a scopo promozionale) maggiore conoscenza; l'organizzazione di soluzioni di layout basate sui criteri di ricerca delle informazioni da parte dei visitatori, che sono in grado di influenzare fisicamente il processo di confronto tra espositori da parte dei visitatori, e l'interazione reciproca tra gli espositori stessi; la creazione di aree trend che mettano in evidenza le innovazioni più importanti, in grado di aiutare la comprensione dei trend settoriali. Gli organizzatori fieristici possono anche scoraggiare i knowledge spillover indesiderati, limitando l'accesso alla fiera ai non buyer e alle aziende con limitata capacità di acquisto, mettendo al bando le fotografie, e prendendo opportune misure per aiutare gli espositori a proteggere i propri diritti di proprietà intellettuale. Infine, gli autori identificano alcuni casi di organizzatori che utilizzano le proprie manifestazioni come piattaforme per la generazione di nuova conoscenza, attraverso investimenti in ricerca e sviluppo e vere e proprie attività di mobilitazione degli espositori e di altri attori lungo la filiera per generare input informativi rilevanti. In altri casi, gli organizzatori aiutano alcuni gruppi di espositori a ridurre i rischi connessi all'innovazione e ad affermare i propri prodotti o le proprie tecnologie contro quelle proposte dalla concorrenza.

Lo studio, oltre a contribuire alla letteratura sui cluster temporanei, ha anche notevoli implicazioni di policy. Le partecipazioni fieristiche sono solitamente sostenute dagli attori pubblici nell'ambito dei programmi di promozione dell'export, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese. Nondimeno, le manifestazioni fieristiche possono avere un ruolo altrettanto importante nelle politiche a supporto dell'innovazione, dato che esse rendono le imprese di dimensioni minori in grado di sviluppare le risorse e competenze necessarie allo sfruttamento commerciale e al marketing delle innovazioni, che sono notoriamente difficili da sviluppare all'interno dei cluster industriali.