Un mondo che viaggia a velocita' diverse
Nel 2023 si sono verificati due eventi epocali. Il primo riguarda l'India, diventato il paese più popoloso del mondo con un miliardo e 429 milioni di abitanti, superando di qualche milione la Cina e veleggiando veloce verso il traguardo del miliardo e mezzo. Il secondo riguarda la Cina, che ha raggiunto il picco della sua crescita, iniziando la decrescita. Due giganti miliardari numericamente simili, ma dalla struttura e dal futuro demografico profondamente diverso. La Cina, con una bassissima fecondità media intorno a un figlio per donna, sta andando non solo verso un calo inesorabile della popolazione, ma anche verso un veloce invecchiamento. L'India, invece, ha solo da poco raggiunto un livello di fecondità di rimpiazzo, cioè poco maggiore di due, e vedrà la sua popolazione continuare a crescere in maniera inerziale ancora di oltre 200 milioni da qui al 2050, quando raggiungerà il picco della sua forza lavoro: 800 milioni di persone in età lavorativa, cioè esattamente quante ne ha la Cina oggi dove invece stanno calando dopo il picco del 2011.
I destini demografici divergenti di India e Cina sono solo un esempio della mai così diseguale e turbolenta demografia del mondo. Vi convivono paesi che hanno completato la loro transizione demografica (il calo della mortalità seguito da quello della fecondità) da oltre mezzo secolo, con paesi dove la transizione è appena iniziata. Le popolazioni demograficamente "mature" sono numericamente stagnanti, o in regressione, e in progressivo invecchiamento; le più arretrate nella transizione ancora in crescita veloce e molto giovani. La convergenza è ancora lontana, sia nella mortalità, con oltre 20 anni di sopravvivenza media in più nei primi rispetto ai secondi, ma soprattutto nella fecondità.
E proprio dai livelli di fecondità dipende maggiormente il cambiamento numerico e strutturale della popolazione. LCorea del Sud, così come a Singapore, Hong Kong e Taiwan, hanno toccato il record di neanche un figlio in media per donna e seguiranno il destino di quelli "maturi" demograficamente come il Giappone, dove la fecondità è bassissima da decenni, la popolazione cala al ritmo dello 0,7% annuo – che significa da qui al 2050 una perdita di oltre 22 milioni di abitanti pari al 18% della popolazione complessiva – e l'invecchiamento della popolazione è veloce e inevitabile (già quasi il 30% della popolazione ha più di 65 anni).
All' estremo opposto, il Niger ha un numero medio di figli record vicino ai sette per donna, metà della sua popolazione sotto i 15 anni (e solo il 3% sopra i 65 anni), cresce al ritmo del 3% annuo e vedrà raddoppiare la sua popolazione al 2050. Un destino condiviso con altri paesi dell'area, quali il Mali, la Mauritania, ma anche la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia.
Il diverso ritmo di crescita demografica delle varie aree del mondo sta cambiando il peso relativo delle popolazioni. Nel 1950 il mondo contava solo 2,5 miliardi di abitanti e tra i dieci paesi più popolosi del mondo, capeggiati dalla Cina, che allora aveva poco più di mezzo miliardo di abitanti, c'erano tre paesi europei (Russia, Regno Unito e perfino Italia) e nessun paese africano. Oggi, che abbiamo superato gli otto miliardi complessivi, non ci sono più paesi europei tra quelli più numerosi, ma c'è un paese africano, la Nigeria con 218 milioni di abitanti. Nel 2050, a fronte di un aumento probabile della popolazione complessiva mondiale di 1,7 miliardi di abitanti, nella classifica dei dieci paesi più popolosi al mondo ci saranno ben tre paesi africani, la Nigeria con oltre mezzo miliardo di abitanti prenderà il terzo posto dopo i giganti asiatici a discapito degli Stati Uniti, ma entreranno in classifica anche la Repubblica Democratica del Congo con oltre 400 milioni di abitanti e l'Etiopia con oltre 300.
Uno stravolgimento della classifica che di fatto significa un peso relativo in termini di popolazione sempre più piccolo per il mondo occidentale e per l'Europa in particolare. Se guardiamo l'andamento per continenti, nel 1950 la popolazione africana rappresentava poco più del 9% di quella mondiale, oggi ne rappresenta il doppio e nel 2050 arriverà a un quarto della popolazione mondiale (e continuerà la sua corsa anche oltre). L'Asia, oggi quasi pari al 60%, nel 2050 avrà un peso di un po' più della metà della popolazione mondiale, simile a quello che aveva nel 1950. Le Americhe caleranno solo dal 13 al 12%. L'Europa invece, che aveva una popolazione di oltre il 22% nel 1950, oggi è pari al 9,3% e nel 2050 sarà del 7,4% (semmai aumentato lievemente solo per il movimento migratorio internazionale e non certo per quello naturale). L'attuale Unione Europea, oggi pari al 5,6% della popolazione mondiale, perderà un punto da qui al 2050.
Certamente nel mondo attuale "il numero non è più potenza", come era invece considerato nella predisposizione degli eserciti nazionali secoli addietro, tuttavia non si può neanche pensare che il cambiamento demografico a velocità così diverse non abbia alcun impatto geopolitico. I paesi ancora demograficamente vivaci hanno abbondanza di giovani da istruire e includere nel mercato del lavoro, mentrequelli ricchi in declino demografico temono il generoso welfare minacciato dalla forte crescita degli anziani e dalla marcata diminuzione dei giovani: quale sarà il rapporto tra le diverse aree del pianeta, impegnate in sfide così diverse? La geodemografia in mutamento peserà sugli assetti politici internazionali? Qualche coppia di numeri contrapposti può far riflettere sugli equilibri internazionali futuri da qui a un paio di decenni: la Cina era più grande dell'India del 45% nel 1950 e sarà più piccola del 15% un secolo dopo; la sponda Nord del Mediterraneo (cioè il Sud Europa) aveva il doppio della popolazione del Nord Africa e sarà invece più piccola di due terzi un secolo dopo; gli Stati Uniti erano cinque volte più popolosi del vicino Messico e saranno solo poco più del doppio; gli Stati Uniti avevano una volta e mezzo la popolazione della Russia e saranno tre volte più numerosi; il Giappone era un quarto dell'India e sarà solo un diciassettesimo . E si potrebbe continuare.