Questioni di target
L'economia digitale ha il suo cuore pulsante nella pubblicità online. Complessivamente, il valore di quanto speso per questo tipo di pubblicità in Europa è stato nel 2022 pari a 86 miliardi di euro, valore che è ancora maggiore negli USA dove sfiora i 200 miliardi di euro. Dopo qualche rallentamento dovuto al periodo della pandemia, il mercato della pubblicità online ha ripreso a correre e ha ormai stabilmente soppiantato quello della pubblicità sui media tradizionali (TV, radio e carta stampata).
Questo enorme volume di spesa è a sua volta la fonte del successo economico di quasi tutti i colossi di Big Tech. Basti pensare che in Europa la quasi totalità della pubblicità sui motori di ricerca avviene su Google e che questo tipo di pubblicità digitale da sola conta per il 44% di tutta la pubblicità online. Un altro 25% è speso nella pubblicità sui social media dove Meta, con le sue piattaforme Facebook e Instagram occupa un ruolo centrale. Il terzo canale principale, che vale circa un ulteriore 25%, è quello del display advertising dove editori e proprietari di siti web mettono in vendita spazi per esporre messaggi pubblicitari.
Il motivo del successo della pubblicità online è semplice e risiede nella sua efficacia dovuta al targeting. Quando facciamo una ricerca online, come minimo la pubblicità che riceviamo sul motore di ricerca è targettizzata al contenuto della nostra ricerca.
Ci sono dei limiti, tuttavia a quanto può essere oggetto di targeting. Ad esempio, a partire dall'estate del 2021, Google ha vietato la targetizzazione dei minori. Allo stesso modo, in molti paesi, tra cui l'Italia, esistono leggi che circoscrivono la pubblicità ammissibile in vari ambiti che spaziano dalla politica al gioco d'azzardo e ai medicinali. Ma questo tipo di restrizioni sono destinate a aumentare significativamente nei prossimi mesi con l'avvento delle nuove regole sui mercati digitali stabilite dall'Unione Europea.
Si tratta in particolare delle regole contenute in due regolamenti: il Digital Markets Act e il Digital Services Act. Queste nuove regole definiscono una strategia europea per la pubblicità online che si muove lungo due direttrici principali. La prima, come detto, è quella di prevedere restrizioni per il targeting. Ad esempio, tutte le forme di targeting di minori sono vietate, come anche vietato il targeting basato su dati personali sensibili, ovvero quelli che possano rilevare l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, gli orientamenti sessuali, lo stato di salute e così via. La seconda direttrice è la trasparenza nelle interazioni tra le piattaforme digitali e i loro diversi utenti. Per i consumatori, la trasparenza assume il significato di poter sapere perché si è ricevuto un certo messaggio pubblicitario. Per gli editori e i proprietari di siti web, la trasparenza consiste nel poter aver accesso a informazioni dettagliate su come è avvenuta l'allocazione degli spazi pubblicitari sulla piattaforma di intermediazione. Infine, per i pubblicitari e le loro agenzie, si tratta di poter visionare come esattamente sono stati spesi i budget allocati alle varie campagne pubblicitarie.
Questa visione strategica si fonda su istanze chiare: la tutela della privacy, soprattutto per le categorie più sensibili, e la promozione della concorrenza tra le piattaforme rendendo più semplice misurare l'efficacia dei vari canali e strumenti pubblicitari.
Le questioni aperte sono molte. Ad esempio, quanto sono realizzabili gli obiettivi di trasparenza quando sono ormai spesso degli algoritmi di intelligenza artificiale a stabilire l'allocazione della pubblicità? La complessità degli algoritmi rende ad oggi non esplicabili le loro scelte. Ma la domanda più complessa è quanto sia desiderabile andare verso un mondo digitale meno basato sulla pubblicità. La raccolta pubblicitaria ha permesso alle aziende tech di fornire servizi senza richiedere pagamenti dagli utenti, ma spesso sfruttandone i dati. Un'alternativa è quella di un mondo digitale basato su modelli di business con sottoscrizione. La strategia europea non si è spinta fino al punto di vietare il targeting, ma le restrizioni sono uno stimolo a pensare modelli di business più slegati dalla pubblicità online. La forza di questo stimolo contribuirà a determinare l'evoluzione dei mercati digitali dei prossimi anni.