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Ok, il prezzo e' giusto?

, di Francesco Decarolis - ordinario presso il Dipartimento di economia
Sempre piu' aziende, soprattutto nel web, adottano algoritmi per fissare il pricing dei loro prodotti. Alcuni casi empirici hanno mostrato che questo va a vantaggio dei rivenditori (+ 38% per i benzinai tedeschi) e hanno aperto un dibattito legale e politico sul potenziale collusivo di questo approccio ma anche sul loro possibile impatto positivo. Ma il vero nodo restano i dati e il loro accesso per allenare correttamente gli algoritmi stessi

Le aziende delegano sempre più spesso i loro prezzi ad algoritmi che sfruttano i dati sulle preferenze dei clienti. In alcuni casi, questi algoritmi si basano su un processo di apprendimento artificiale per sviluppare sofisticate strategie di prezzo in grado di rispondere al comportamento sia dei clienti che dei concorrenti.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale stanno man mano venendo ad occupare un posto di rilievo nei metodi di pricing di varie aziende. Questo è particolarmente vero nelle aziende più tecnologiche ed operanti sul web, ma più in generale in qualsiasi settore vi sia un elevata quantità di dati dettagliati su domanda e concorrenza potenziale si presta a questo tipo di evoluzione. Riforniti con questi dati, gli algoritmi di AI sono pensati per imparare a conoscere quali strategie di prezzo produrranno i rendimenti maggiori sulla base di un processo di apprendimento per tentativi ed errori.
Ma cosa ci si può aspettare da questa crescente tendenza a delegare le decisioni sui prezzi agli algoritmi?
Le evidenze empiriche sull'impatto dell'adozione di algoritmi AI sono ancora piuttosto scarse. Tuttavia, ci sono alcuni casi che hanno già ricevuto notevole attenzione. Per esempio, nel mercato della vendita di benzina al dettaglio in Germania, software di determinazione del prezzo algoritmico sono diventati ampiamente disponibili circa dalla metà del 2017. Per capire che cosa ciò abbia comportato, sono stati analizzati i dati dettagliati sui prezzi praticati sia prima che dopo l'avvento degli algoritmi. Il risultato sorprendente è quello di un forte aumento dei prezzi: l'adozione di approcci algoritmici alla determinazione dei prezzi da parte dei rivenditori di benzina tedeschi sembra aver coinciso con un aumento dei margini fino al 38%!

Un problema di questo tipo di studio è che sia i tempi esatti dell'adozione degli algoritmi da parte dei vari distributori di benzina che i dettagli esatti sul tipo di algoritmi utilizzati sono per forza di cose sconosciuti agli osservatori esterni. Per questo motivo, nello studio sul mercato tedesco della benzina, gli autori hanno individuato quali distributori di benzina avevano adottato un software di tariffazione algoritmica e quando lo avevano fatto attraverso una procedura statistica.
Si tratta di un'idea interessante perché sfrutta proprio quelle che dovrebbero essere le peculiarità di un meccanismo di pricing algoritmico. In particolare, rispetto ai prezzi stabiliti attraverso un intervento umano, i prezzi stabiliti dagli algoritmi dovrebbero differire per: il numero di variazioni di prezzo effettuate in un giorno, l'entità media delle variazioni di prezzo e il tempo di risposta dell'aggiornamento dei prezzi di una stazione rispetto alla variazione di prezzo di un concorrente. Proprio queste misure sono quelle su cui le società produttrici di software per pricing pubblicizzano le capacità dei loro algoritmi di generare impatti positivi per i distributori.
Ma in che modo e perché l'IA induce prezzi più alti? Nel caso del mercato tedesco della benzina, è stato riscontrato che i margini si alzano gradualmente, suggerendo che gli algoritmi impiegano tempo per addestrarsi e convergere verso strategie tacitamente collusive in cui l'intelligenza artificiale determina prezzi meno aggressivi di quanto ci si dovrebbe aspettare in condizioni di concorrenza. Cioè, gli algoritmi apprendono strategie di prezzo che sono più cooperative e portano a livelli di prezzo più elevati. Se i profitti attesi per le aziende sono maggiori, i danni per i consumatori sono altrettanto chiari.
Questo tipo di risultato spiega l'energico dibattito legale e politico sul potenziale collusivo dell'AI applicata al pricing che è attualmente in corso. In particolare, il potenziale dell'uso di algoritmi come mezzo per facilitare la collusione, tacita o esplicita, è stato negli ultimi anni un popolare punto di discussione tra le autorità antitrust, le organizzazioni economiche e gli esperti di diritto della concorrenza. Esiste soprattutto un forte scetticismo sulla capacità dell'attuale normativa sulla concorrenza di affrontare qualsiasi tendenza delle IA a indurre prezzi super competitivi essendo la legge stata pensata per punire accordi espliciti tra imprese.

Non c'è ancora un consenso generale su ciò che l'intelligenza artificiale implicherà per i sistemi di pricing e quali saranno le conseguenze ultime per aziende e consumatori. Data la mancanza di prove empiriche disponibili, la ricerca attuale si rivolge soprattutto verso metodi teorici e sperimentali per valutare gli impatti dell'IA. I risultati sono interessanti ma ricchi di ambiguità. Se alcuni studi sottolineano la collusione nei prezzi derivante dall'apprendimento delle reciproche strategie di prezzo, altri indicano all'opposto che, l'AI, consentendo alle imprese di prevedere meglio la domanda, le spinge verso strategie aggressive di pricing, abbassando quindi i prezzi e rendendo i comportamenti collusivi meno probabili.
Infine, non bisogna dimenticare il ruolo fondamentale dei dati, vera e propria benzina nel motore degli algoritmi di AI: chi controlla i dati controlla la tipologia ed efficacia degli algoritmi di AI che su questi dati devono lavorare. Proprio questo aspetto è al centro di un nostro recente studio condotto con Michele Rovigatti (Bocconi) e Gabriele Rovigatti (Banca d'Italia). I risultati, presentati per la prima volta pochi giorni fa in una conferenza alla Yale University, illustrano il problema di una piattaforma digitale (quale può essere per esempio Google) che, attraverso le sue scelte del tipo, qualità e frequenza dei dati che rilascia ai pubblicitari attivi nelle aste con cui vende spazi pubblicitari ne influenza le scelte in termini di quali algoritmi di AI possono essere impiegati nel processo di bidding e con quali effetti sui prezzi finali.
Quindi, in conclusione, la giuria è ancora fuori per valutare in che modo l'intelligenza artificiale avrà un impatto sui prezzi e sul benessere dei consumatori.