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Musei italiani troppo cari? No, ma bisogna migliorare i servizi

, di Davide Ripamonti
I costi d'ingresso, per motivi contingenti, sono aumentati, ma il vero problema e' che serve una riorganizzazione piu' vicina alle esigenze dei visitatori. Perche' il patrimonio italiano, anche al di fuori dei musei piu' conosciuti, non ha uguali nel mondo. Come spiega nell'intervista Andrea Rurale

I musei italiani sono cari, si dice, più cari dei loro competitor di molti altri paesi europei, tra i quali Francia, Spagna e Germania. E, soprattutto, sono aumentati considerevolmente nell'ultimo anno in quasi tutte le città. Aumento che, se si considerano i 15 musei italiani più visitati nel 2022, a Roma, Firenze, Napoli, Venezia, Torino, Milano e Caserta, è stato in media del 10%, con picchi del + 33 a Napoli (Palazzo Reale è quasi raddoppiato passando da 6 a 10 euro) e del 21% per la Galleria degli Uffizi di Firenze, limitatamente però al biglietto per la stagione estiva. Ma quali sono le cause e, soprattutto, quello del costo dei biglietti è davvero un problema capace di influenzare il numero di visitatori di alcune delle istituzioni museali più famose del mondo? Ne parliamo in questa intervista con Andrea Rurale, docente presso il Dipartimento di marketing dell'Università Bocconi e direttore del Master in Arts management and administration della SDA Bocconi School of Management, nonché presidente del Fai Lombardia.

Da qualche parte l'aumento è stato quasi insignificante, altrove invece più rilevante. E' certo però che visitare i musei italiani nel 2023 è diventato più caro. Come mai?
Se si considerano i musei più grandi, non si può parlare di veri e propri aumenti. C'è stato, è vero, un adeguamento dovuto all'aumento dei costi dell'energia elettrica e del riscaldamento, ma prima i costi d'ingresso erano sotto la media europea. Il problema, semmai, è che a questi aumenti non è corrisposto un miglioramento dei servizi offerti, come invece dovrebbe essere.

Un aumento, ancorché lieve, disincentiva le visite o risulta ininfluente?
La sensibilità al prezzo ce l'ha solo il turismo locale, il turista straniero non è influenzato. Faccio un esempio. Per visitare Villa del Balbianello, sul lago di Como, il costo del biglietto è 23 euro, che è moltissimo per il turista italiano, mentre gli stranieri che affollano la zona del lago pagano volentieri quel prezzo. Gli italiani preferiscono, con 39 euro, associarsi al Fai, che dà diritto a entrare gratuitamente alla villa e in molti altri luoghi.

In Europa, si dice, musei di notorietà internazionale come il Louvre e il Prado sono meno cari rispetto a istituzioni di analogo livello nel nostro paese. E' vero?
Non proprio. Se si eccettuano Venezia e gli Uffizi di Firenze (questi ultimi però hanno una modulazione dinamica dei prezzi a seconda del periodo dell'anno), il costo è in linea con la maggior parte dei paesi europei. Anzi, in Nordeuropa, penso per esempio ad Amsterdam, i prezzi sono maggiori. E se si esce dall'Europa, per esempio negli Stati Uniti, crescono ancora, perché lì i musei sono gestiti come vere e proprie aziende che devono generare utili.

Torniamo al tema dei servizi offerti e al fatto che maggiori servizi giustificano prezzi dei biglietti più cari. Cosa si dovrebbe fare?
I nuovi direttori dei maggiori musei italiani hanno un approccio giusto, più customer oriented. I percorsi delle visite devono essere ridefiniti tenendo conto delle nuove esigenze. A Paestum, per esempio, c'è stato un grande lavoro di ridefinizione degli spazi. Il problema semmai è che, nonostante con una legge del 2014 sia stata concessa a una serie di musei di primo livello autonomia finanziaria, scientifica e organizzativa, in realtà poi i direttori non controllano il personale, che viene assunto tramite concorsi e dipende dal ministero. Si è trattato di una riforma monca.

C'è anche stato un problema di comunicazione.
Sì, è stato un errore gravissimo far passare gli aumenti solo come un necessario adeguamento per la crescita del costo delle bollette. Bisogna porre l'attenzione sui servizi e sulle innumerevoli combinazioni offerte, per esempio. Così come sulle riduzioni che spettano a varie categorie. Vi è poi un altro aspetto. Altrove ci sono grandi musei con un patrimonio di opere incredibile, ma poi poco altro. Da noi invece c'è una grande rete di musei periferici ricchissimi di opere esposte ma anche nei magazzini. A Brera, agli Uffizi e in ogni altro museo italiano, pure alle Gallerie d' Italia a Milano solo una parte delle opere è esposta... il resto si trova nei depositi

Il prezzo, in definitiva, non è un elemento determinante purché il prodotto offerto sia di primo livello. E' questo l'obiettivo cui si deve puntare?
Certo, in generale direi non lo sia. Se all'aumento del prezzo corrisponde una chiara attenzione al visitatore e all'offerta allora verrà "digerito" meglio.
Si tenga comunque conto che a volte ci troviamo di fronte a situazioni, si pensi ai musei degli stadi o delle squadre di calcio che pur avendo a disposizione spazi limitati (si pensi quello di San Siro) attraggono moltissimi visitatori che di fatto si dimostrano insensibili a un prezzo elevato.