L'Europa (e l'Italia) devono giocare in prima linea
L'Europa non può permettersi di perdere le opportunità che sono e saranno offerte dall'esplorazione umana del sistema solare. Questo tuona il rapporto all'ESA dall'HLAG, l'advisory group di alto livello che il DG dell'ESA ha voluto consultare sul tema del ruolo dell'Europa nell'esplorazione spaziale. L'Europa, si sottolinea nel rapporto, mentre in alcuni settori ha fatto sentire la sua voce, come quello dell'Osservazione della Terra, rischia di perdere il treno nell'esplorazione a livello internazionale. E per una esplorazione sistematica di Luna, Marte e oltre, nonché per assicurare una presenza massiccia in orbita bassa, mancano alcune tecnologie chiave. Poco serve a questo punto rivangare il passato, ma già nel 2010, nella mia funzione di Direttore del Volo Umano all'ESA, avevo fatto presente i progressi di Elon Musk con i lanciatori riutilizzabili e la mancanza di competenza in Europa su temi come rientro e atterraggio. A tale proposito, avevo fatto partire la fase A di un progetto denominato ARV – Advanced Re-entry vehicle – visto come una evoluzione spinta dell'ATV, quell'Automated Transfer Vehicle, un veicolo di rifornimento per la ISS, che avevo contribuito a stabilizzare nella prima produzione di serie nella storia dell'ESA, lanciatori esclusi. Avessero gli Stati Membri dell'ESA preso quella strada, oggi l'Europa avrebbe un posizionamento ben più evidente nello scenario mondiale. Ci sono voluti diversi anni all'ESA per muovere i primi passi nel settore della space economy.
D'altra parte, quando nel 2008-2010 parlavamo di commercializzazione, il termine space economy non era ancora stato coniato ufficialmente. Fu l'OCSE a rompere gli indugi nel 2012 definendola come "L'insieme delle attività e dell'uso delle risorse spaziali che creano valore e benefici per l'umanità nel corso dell'esplorazione, comprensione, gestione e utilizzo dello spazio". L'OCSE continua indicando che essa include tutti i soggetti, pubblici e privati, impegnati nello sviluppare, fornire e utilizzare prodotti e servizi legati allo spazio: ricerca e sviluppo, costruzione e uso delle infrastrutture spaziali (stazioni a terra, veicoli di lancio, satelliti), applicazioni derivanti dallo spazio (strumenti di navigazione, telefoni satellitari, servizi meteorologici, etc.), come pure le conoscenze scientifiche che scaturiscono da tali attività.
L'economia spaziale va ben oltre il settore spaziale in senso stretto perché si estende agli impatti sempre più pervasivi e mutevoli (in qualità e quantità) dei prodotti, dei servizi e delle condizioni che dallo spazio derivano.
La Space Economy, secondo l'ultimo rapporto pubblicato dalla Space Foundation, vale 546 miliardi di dollari, che se confrontato con il valore presentato lo scorso anno, pari a 469 miliardi, mostra un incremento di circa il 17% in un solo anno. Se le previsioni saranno rispettate, ci aspettiamo che evolva verso una 'trillion economy' entro il 2040. È al centro dello sviluppo sostenibile, della crisi climatica e della green economy, della trasformazione digitale, dell'intelligenza artificiale. E ancora della gestione del traffico spaziale, dello sviluppo di stazioni spaziali commerciali in orbita bassa, dello sviluppo del mercato dell'economia lunare, del cloud computing e dell'energia solare, ambedue nello spazio.
In Italia abbiamo le competenze, i finanziamenti, le conoscenze per cercare di poter sviluppare il settore a livello nazionale per servire il mercato istituzionale e commerciale interno, ma anche per posizionarci su mercati europei e globali più di quanto non succeda al momento. In Europa, oltre all'ESA, assistiamo ad un sempre maggiore coinvolgimento di EUSPA e della Commissione europea stessa. La space economy, grazie anche al PNRR, ha un fulgido futuro in Italia. Sarebbe auspicabile che fungessimo da paese trainante in Europa con un approccio strategico e inclusivo, anche guardando al Regno Unito. E con un occhio al Piano Mattei, che potrebbe includere progetti spaziali consistenti. Occorre disporre di una cerniera di valori e competenze fondanti, e di nuovi strumenti legislativi che consentano una maggiore coesione e al tempo stesso favoriscano la competitività. Perché non c'è vera collaborazione senza autonomia. L'autonomia e l'eccellenza tecnologica consentono una collaborazione più bilanciata e favoriscono il successo delle imprese spaziali. Con la diplomazia a giocare il ruolo cardine che le compete.