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Da quella economica, pensando alla vita delle infrastrutture post Giochi, a quella ambientale, con l’uso, per esempio dell’energia solare e geotermica o di materassi realizzati con reti da pesca riciclate. Gli organizzatori vinceranno la medaglia d’oro?

I giochi di Parigi 2024 riportano le Olimpiadi e le Paralimpiadi in Europa, dopo Londra 2012, in uno scenario in cui la sostenibilità, ambientale e sociale, ha assunto dominante centralità. La storia dei Giochi è sempre stata segnata dalla sfida della sostenibilità, specialmente econonomica, in considerazione dei considerevoli budget pubblici associati alla realizzazione di questi mega-eventi (tra i più costosi Londra, 15 miliardi, e Sochi, 22 miliardi) e dagli inevitabili incrementi di costo. Inevitabili, per i budget sottostimati (per rendere politicamente accettabili le candidature), per i tempi e gli standard non negoziabili e per il rischio di imbattersi in un qualche shock macroeconomico. Le stime di Parigi sono di circa 10 miliardi, di cui 4,5 per gli investimenti e una contribuzione pubblica di 2,5 miliardi. Un investimento, in teoria, per generare occupazione, gettito fiscale, pil e una eredità (la legacy). Le stime per Parigi sono 180.000 posti di lavoro e un incremento del pil nel periodo dell’evento dello 0,5%. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha progressivamente esortato attenzione a emissioni, riuso, strutture temporanee e il post-evento. In realtà gli standard tecnici sono più stringenti rispetto alle altre competizioni mondiali, imponendo investimenti addizionali.

In tema di emissioni di co2, Parigi promette di dimezzare quanto generato a Rio e a Londra (1,58 milioni di tonnellate) e solo due nuove facility sportive sono state realizzate, tra cui il centro acquatico Le Bourget, destinato ad avere anche una legacy importante per le federazioni sportive e per le comunità locali. L’Arena Champ de Mars è una struttura temporanea installata per ospitare gli eventi durante la ristrutturazione del Grand Palais, anch’essa sede di competizioni, e sarà smantellata dopo i giochi ma non sono ancora note le modalità di riuso. Anche la realizzazione di strutture temporanee pone un tema di sostenibilità: sia ambientale che finanziaria e molto spesso trovare una seconda vita a queste facilities non è semplice. Dal punto di vista poi finanziario, si tratta di costi in conto gestione, senza legacy, se non evidentemente quella di non consumare suolo.

Tuttavia, nell’equazione va considerato il fatto che queste mega strutture olimpiche, se permanenti, devono poter essere riutilizzate, non solo per “ammortizzare” l’investimento, economicamente e socialmente, ma anche per coprire i costi di manutenzione, onde evitare la creazione di ecomostri. Permanente o temporaneo è spesso il dilemma per gli alloggi degli atleti. A Parigi sarà un investimento permanente, in un’area povera e degradata (Seine-Saint-Denis, a nord-est della città, vicino allo stadio acquatico), con 2.500 nuove abitazioni, uno studentato, un hotel, circa 10 ettari di verde, uffici, servizi urbani e negozi di quartiere. Un progetto del valore di 2 miliardi di cui circa 560 milioni finanziati dal pubblico. Sul sito di Solideo, la società pubblica di scopo per realizzare gli investimenti, molta attenzione è posta sulla sostenibilità ambientale del progetto (dall’energia solare e geotermica ai materassi realizzati con reti da pesca riciclate). Non ci saremmo aspettati nulla di meno per un evento Olimpico nell’era della sostenibilità. 

Tuttavia, la vera sfida di questo progetto, di cui poco si dice, è la dimensione sociale, visto che interessa sobborghi con tassi di immigrazione, disoccupazione e criminalità molto alti e dove gli alloggi popolari sono il 40% delle abitazioni. Nel 1998 venne realizzato qui lo Stade de France e infrastrutture di collegamento; seguirono, poi, investimenti pubblici in housing sociale. L’investimento olimpico promette di destinare il 25% delle unità abitative a fasce deboli e a studenti. E, infatti, il progetto è finanziato per circa il 25% da budget pubblici. D’altra parte anche a Londra la promessa era di destinare il 50% delle 1.200 unità immobiliari realizzate nell’Olympic Park alle fasce più deboli. La realtà è stata diversa: benché il 37% di alloggi fosse classificato come “affordable”, per acquistarli le famiglie a medio-basso reddito hanno dovuto ricorrere alla co-proprietà. Sarà interessante osservare come verrà gestita la dimensione sociale, quale vera legacy di questo progetto. Sarà un progetto per la gentrificazione dell’area? O qualcosa di diverso, con un mix di interventi materiali e immateriali? D’altra parte le Olimpiadi dovrebbero essere non solo un’occasione per dimostrare al mondo magnifiche infrastrutture a basso o zero impatto ambientale ma anche per testare nuove soluzioni per le sfide sociali delle grandi città.

VERONICA VECCHI

Bocconi University
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche

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