La disabilita' e' una questione di famiglia
La disabilità è una condizione che non solo limita la vita della persona colpita, ma sconvolge anche quella di tutti gli altri componenti della famiglia, creando un effetto moltiplicatore di svantaggio. Quando la disabilità colpisce un minore, i genitori sono i primi ad esserne colpiti, in quanto principali caregivers del bambino o ragazzo. Questo è vero in generale, ma assume ancor più rilevanza in un contesto come quello italiano, caratterizzato da un sistema di welfare familiare, dove la famiglia è considerata la prima e principale responsabile del benessere di tutti i suoi membri, specialmente in caso di malattia. A ciò si affianca un sistema sanitario e di cura sempre più family-centered, all'interno del quale si riconosce il ruolo chiave della famiglia nel percorso diagnostico, medico ed assistenziale del minore con disabilità. Un tale sistema di cura dovrebbe valorizzare il ruolo informativo e "di regia" della famiglia, e allo stesso tempo offrire un adeguato supporto a quest'ultima, con l'idea che il benessere del bambino con disabilità passi anche attraverso il benessere di tutti gli altri componenti della famiglia, in primis genitori e fratelli.
Purtroppo, tale supporto non è sufficiente, e ciò che accade è che le famiglie vengono lasciate sole ad affrontare e gestire la disabilità, che inevitabilmente diventa una fonte di svantaggio per tutti i membri della famiglia, capace di avere effetti sulla vita di genitori e fratelli anche nel lungo termine, cambiandone il loro percorso di vita. Uno dei modi in cui la disabilità di un figlio colpisce la vita dei genitori è attraverso l'effetto che la prima ha sulla salute mentale e fisica della madre e del padre.
In un recente studio pubblicato sullo European Journal of Public Health, insieme al collega Dr. Danilo Bolano (Dondena Centre), abbiamo mostrato come la disabilità di un figlio abbia un effetto negativo sulla salute mentale, su quella auto-dichiarata e sul benessere dei genitori. Tale studio è stato condotto utilizzando i dati dell'indagine annuale ISTAT "Aspetti della Vita Quotidiana" del 2018 e 2019, basata su un campione rappresentativo di circa 7.000 famiglie, di cui circa il 6% ha dichiarato di avere un figlio con limitazioni nello svolgimento delle attività di vita quotidiana.
Gli effetti negativi sulla salute, ed in particolare sulla salute mentale, sono particolarmente forti per le madri, che, in quanto principale caregiver, dedicano gran parte delle loro energie e tempo alla cura del figlio con disabilità, abdicando alla loro carriera e tempo libero in una quasi normativa ottica di auto-sacrificio. All'interno di un sistema di genere che vede le madri come le principali responsabili della cura dei figli, la presenza di un figlio con disabilità non fa che aumentare il carico di cura per la madre, rendendola inevitabilmente più vulnerabile allo stress, alla paura del futuro e allo stigma.
Oltre alle disuguaglianze di genere, ci sono anche importanti differenze che dipendono dalla condizione socio-economica dei genitori. Madri e padri meno istruiti sono più esposti agli effetti negativi sulla salute dovuti alla disabilità di un figlio, probabilmente sia perché hanno meno risorse economiche indispensabili a coprire gli aumentati costi medico-assistenziali e di cura, e a fronteggiare una situazione famigliare mono-reddito, sia perché hanno minori risorse culturali necessarie per navigare un sistema scolastico, di cura e burocratico molto complesso.