Dallo spazio gli occhi per salvare il pianeta
Oltre 52 gradi a Nuova Delhi. La capitale boccheggia, l’acqua inizia a scarseggiare. Così titolava l’ANSA il 29 maggio 2024. Sono state registrate ondate di calore, in modo progressivo e con temperature crescenti, a partire dalle settimane precedenti. Nel 2020, lo scrittore americano Kim Stanley Robinson pubblicò un libro che inizia proprio così, con una letale ondata di calore in India, e un incipit che non ha bisogno di ulteriori elaborazioni: faceva sempre più caldo. Titolo del libro: “Il ministero per il futuro”.
Solo qualche anno fa sarebbe sembrata fantascienza ai più, mentre si tratta di un caso, non isolato, in cui realtà e fantascienza si confondono. Nei fatti, sappiamo da tempo che la sfida che l’umanità deve affrontare rispetto al cambiamento climatico è ardua da vincere, e che occorre utilizzare tutte le possibilità messe a disposizione dalla tecnologia e dall’innovazione, su scala globale, per poter sperare di avere la meglio. E anche se ora è sotto gli occhi di tutti, il cambiamento climatico intendo, e soprattutto i suoi effetti sempre più estremi, che qualcosa stesse cambiando e che occorresse mettere in campo sforzi e soluzioni era ben noto da tempo. Non a caso, la creazione dell’IPCC – gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici – risale al 1998, anno in cui il WMO (l’organizzazione mondiale per la meteorologia) e l’UNEP (il programma per l’ambiente dell’ONU) gli hanno dato vita. Dunque a oltre 25 anni fa. Lo scopo principale dell’IPCC è quello di fornire ad intervalli regolari valutazioni sullo stato del pianeta; l’ultimo rapporto, denominato AR6 (Sesto rapporto), è stato pubblicato a marzo 2023. Mentre nel 2007 l’IPCC assieme all’ex Vicepresidente americano Al Gore vinceva il Premio Nobel per la Pace, sfornava anche dati sempre più allarmanti sullo stato del pianeta e sulle azioni di mitigazione e adattamento da mettere in atto. Secondo la NOAA (l’agenzia americana che si occupa di oceani e atmosfera), il mese di luglio 2024 non solo è stato il più caldo in assoluto ma anche il 14esimo mese consecutivo a aver stabilito il record in temperatura. Diviene imperativo capire il più presto possibile che cosa stia accadendo ed è qui che i satelliti e la space economy ci vengono in aiuto. Il WMO ha infatti stabilito ben 55 variabili climatiche essenziali che vanno monitorate per comprendere che cosa sta succedendo al sistema Terra, e oltre la metà possono essere monitorate in modo preciso, replicabile, affidabile, continuato e continuativo, solo dallo spazio. Capire per agire, questo dovrebbe essere il motto di tutti noi per poter mettere in atto quei meccanismi di protezione e di mitigazione che sembrano proprio tanto necessari, su scala globale. A sfide globali, infatti, si reagisce con approcci globali. Capire è comunque solo una faccia della medaglia, l’altra è quella di intervenire alla sorgente per cercare di ridurre le emissioni di GHG (gas serra) antropogenici, e quando non possibile, sviluppare ed impiegare tecnologie che portino ad un assorbimento bilanciato con le emissioni, con obiettivo lo zero netto entro il 2050. Quindi uno sviluppo socio-economico sostenibile può venire accelerato e/o coadiuvato dall’uso delle tecnologie spaziali. E se guardiamo alla sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali, non possiamo non considerare che all’aumentare del numero di satelliti in orbita aumentano anche i detriti e le orbite cominciano ad essere intasate. Si parla quindi sempre più spesso di ecologia spaziale, o ambientalismo spaziale. Come derivazione, un concetto recentissimo, che noi allo Space Economy Evolution lab (SEELab) abbiamo sposato appieno: il concetto di economia spaziale circolare, che abbraccia sia la sostenibilità ottenuta grazie allo spazio sulla terra che nello spazio per lo spazio.
L’economia spaziale circolare trae ispirazione dal concetto di economia circolare, che tra le altre peculiarità, cerca di massimizzare l’efficienza dell’uso delle risorse. Se andiamo a ritroso a ricercare a quando risale questa definizione, vediamo che nasce dopo il 2010, cioè nello stesso momento in cui prende piede la definizione di space economy, così come proposta dall’OCSE nel 2012. Parlare di economia spaziale circolare è invece una novità assoluta, che sta emergendo da pochissimo tempo. Se vogliamo salvare il pianeta, dunque, abbiamo bisogno dei satelliti. E sarà lo spazio a portarci sempre di più verso un comportamento responsabile, sulla Terra e nello spazio. Quando la realtà supera la fantasia.