A caval donato si guarda il passaporto
Un progetto di ricerca condotto in Egitto mostra che gli intervistati sono più dubbiosi sui programmi di aiuto umanitario quando sanno che sono finanziati dalle agenzie di sviluppo americane o francesi invece che dal governo egiziano. Questo è uno dei risultati principali di Where Is the Money From? Attitudes toward Donor Countries and Foreign Aid in the Arab World, un lavoro di Renu Singh e Scott Randall Williamson del Dipartimento di Scienze sociali e politiche della Bocconi.
Sebbene gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo siano diventati uno strumento di politica estera, il loro obiettivo principale è effettivamente quello di fornire assistenza alle popolazioni in difficoltà. Il modo in cui questi programmi sono visti dai loro destinatari, tuttavia, è ancora un argomento poco studiato e compreso. Si tratta di una questione di importanza cruciale, poiché il calo della fiducia in un programma può comprometterne seriamente l'attuazione o, quantomeno, ridurne l'effetto.
L'Egitto è un caso emblematico. Gli Stati Uniti spendono ogni anno centinaia di milioni di dollari in aiuti all'Egitto, dove d'altra parte l'ostilità popolare verso l'America è diffusa, come in altri Paesi arabi. Di fatto, un aiuto così massiccio è in parte motivato proprio dall'idea che possa contribuire a ridurre questo pregiudizio. Per verificare se questo sia il caso, Singh e Williamson hanno progettato un esperimento condotto online con un campione di intervistati egiziani, per verificare come e perché l'identità del finanziatore influenzi l'opinione pubblica sui programmi di aiuto umanitario. Ogni intervistato ha letto due schede in cui si diceva che un ipotetico progetto in campo sanitario era finanziato dall'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, dall'Agenzia francese per lo sviluppo o dal governo egiziano. Agli intervistati è stato poi chiesto se erano favorevoli al programma descritto e se sarebbero stati disposti a utilizzarlo.
I risultati mostrano che il presunto finanziamento degli Stati Uniti ha ridotto l'approvazione dei programmi di 0,12 punti su una scala di 7 punti, mentre il finanziamento francese ha ridotto l'approvazione di 0,10 punti. Questi effetti sono di piccola entità, ma statisticamente significativi. Inoltre, il finanziamento estero dei trattamenti non ha avuto alcun effetto evidente sulla propensione degli intervistati a dichiarare che loro o la loro famiglia avrebbero utilizzato questi programmi.
"L'opinione leggermente più positiva verso i progetti finanziati dall'Egitto è per certi versi inaspettata, se si considera che il governo locale è comunemente considerato corrotto e incompetente," afferma Renu Singh. "Questo può essere spiegato non tanto in termini di apprezzamento per il proprio governo, quanto piuttosto come sfiducia nei confronti delle reali motivazioni che stanno dietro a un programma di aiuti apparentemente utile, che sembra essere ancora più forte dell'avversione per il governo egiziano." Alcuni intervistati sembrano pensare che l'America stia in effetti cercando di aumentare la propria influenza sull'Egitto, più che di sostenere la popolazione più povera." Scott Williamson aggiunge che "ci sono buone ragioni per mettere il proprio logo sul pacchetto di aiuti, ma questo a volte può minare il punto principale, che è quello di aiutare i poveri."
Renu Singh, Scott Williamson, Where Is the Money From? Attitudes toward Donor Countries and Foreign Aid in the Arab World, International Studies Quarterly, Oxford University Press, dicembre 2022. DOI https://doi.org/10.1093/isq/sqac068
L'illustrazione di apertura è l'adattamento di un'immagine generata da DALL-E