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Per capire davvero le disclosure trasformiamo le parole in numeri

, di Emanuele Elli
Gietzmann e Grossetti analizzano il contenuto testuale dei documenti di financial disclosure per capire a quali elementi gli investitori prestano attenzione

Secondo Francesco Grossetti, i numeri da soli non bastano a spiegare fenomeni aziendali complessi e il contenuto dei documenti di financial disclosure. L'analisi testuale dei documenti di financial disclosure è necessaria per spiegare meglio a quali elementi gli investitori prestano attenzione, e quindi il loro impatto sulla performance aziendale

Se c'è un regno dei Big Data per definizione, questo è l'Accounting. Eppure, anche in questo ambito, quando i soli numeri non bastano per spiegare i fenomeni più complessi occorre studiare anche... le parole. Proprio sull'analisi testuale dei documenti di financial disclosure e sul relativo impatto sulle performance aziendali, si è concentrata la ricerca di Francesco Grossetti, docente del Dipartimento di Accounting e fellow del Bocconi Institute for Data Science and Analytics e contenuta nel working paper Crafting Financial Disclosure: Does Tone Suffice? firmato a sei mani con il collega Miles Gietzmann e con Craig M. Lewis della Vanderbilt University di Nashville (USA).

"Nello studio applichiamo algoritmi di machine learning per analizzare i contenuti delle sezioni MD&A (Management's Discussion & Analysis) presenti nei report annuali che le società pubbliche americane devono presentare alla Securities and Exchange Commision (SEC), l'organismo di vigilanza della borsa valori", illustra il docente. "Si tratta di paragrafi piuttosto lunghi e perlopiù discorsivi, talvolta di difficile interpretazione, che vengono spesso studiati osservando alcune metriche come i termini ricorrenti, il tono o la presenza di particolari frasi.

Noi invece abbiamo istruito un serie di algoritmi Naive Bayes perché potessero classificare ogni frase lungo cinque dimensioni diverse: il tono, l'ottimismo, la specificità e la qualità del discorso, se cioè è franco e diretto o viceversa evasivo e passivo-aggressivo. Ognuna di queste dimensioni è stata definita su una scala da 1 a 5". Lo studio ha riguardato 118mila sezioni MD&A di altrettanti documenti diffusi tra il 2001 e il 2018, il che equivale a circa 30 milioni di frasi che sono state analizzate per capire il contenuto e come sono state percepite dagli investitori che le hanno lette.

"Un testo si può interpretare da diversi punti di vista. Matematicamente parlando significa che ci sono, in teoria, infinite combinazioni ed interpretazioni e questo è un problema dal punto di vista empirico", sintetizza Grossetti. "In questo modo invece cerchiamo di spiegare meglio a quali elementi gli investitori prestano attenzione. Può sembrare una banalità, ma non lo è perché questo tema ha una diretta conseguenza sulle azioni messe in atto dagli investitori e dunque sui destini delle imprese. Noi pensiamo che l'investitore sia razionale, in grado di interpretare quasi perfettamente ogni segnale e magari anche di capire se, per esempio, un MD&A sia più o meno forzato e di identificare delle insidie nascoste. Nella realtà dei fatti, un tono positivo non equivale necessariamente a un significato positivo. Viceversa, un tono negativo può avere risvolti favorevoli qualora la frase globalmente risulti ottimista nel guardare il futuro. In sostanza, non esistono solo le spie del "sentiment", ma anche altre dimensioni da valutare per poter avere una più chiara comprensione di come la comunicazione finanziaria viene costruita e quali effetti essa possa avere".