The Power of Learning by Example
“Non credo nel Dna imprenditoriale, ma credo negli esempi. E io ne ho avuti di grandi. Mio padre, naturalmente, ma anche tante donne di famiglia che sono state ottime manager e imprenditrici”. Mentre racconta la propria crescita professionale nell’azienda di famiglia, Veronica Squinzi, amministratore delegato e direttore dello Sviluppo globale del gruppo Mapei, tiene lo sguardo rivolto alle generazioni che l’hanno preceduta ma anche a quelle che stanno crescendo.
“Le mie nonne sono state imprenditrici in ambiti diversi, mia mamma è stata uno dei migliori marketing manager che io abbia conosciuto, responsabile per anni del marketing e della comunicazione di Mapei, e mia zia, oltre a essere presidente del gruppo, ha un proprio studio legale. Questo non significa, però, che io fossi automaticamente adatta ad avere ruoli di responsabilità in azienda, e nemmeno che lo saranno i miei figli. Come professionisti, dobbiamo riconoscere i nostri limiti per capire qual è la nostra strada e, come genitori, capire le inclinazioni dei figli per non obbligarli a fare qualcosa che non vogliono”. Un percorso di consapevolezza che conoscono bene le nuove generazioni delle aziende familiari e che spesso, per arrivare alla meta, attraversano anche passaggi tortuosi. “Dopo il liceo classico mi sono iscritta a Scienze politiche su consiglio di mia mamma che si era laureata in quella facoltà e la considerava propedeutica al lavoro nel marketing”, riassume la manager alla guida del gruppo (insieme al fratello Marco, anche lui a.d.). “Oggi, con il senno di poi, non farei più questa scelta: ho capito che il marketing non è il mio mondo. Lo avevo intuito anche allora, tanto che, dopo la laurea in Scienze politiche con indirizzo Gestione aziendale e strategia industriale, stavo valutando alcune offerte di lavoro all’estero, ma mio padre mi disse che gli sarebbe piaciuto che io e mio fratello rimanessimo in azienda e che vedeva per noi prospettive di crescita nel gruppo. Entrambi abbiamo deciso di restare. All’epoca probabilmente fu la scelta giusta, oggi ai miei figli darei un consiglio diverso perché credo che un’esperienza fuori dall’azienda di famiglia, e ancor più all’estero, sia molto formativa. Bisogna sempre imparare a ubbidire prima di comandare; lo si può fare anche in una società familiare, ma è più complesso”.
I primi incarichi in azienda portano Veronica Squinzi a occuparsi di controllo di gestione per passare poi alla pianificazione strategica, viaggiando per il mondo e approfondendo la conoscenza di tutte le consociate del gruppo. “A un certo momento, però, ho sentito il bisogno di consolidare le mie basi e prendermi uno spazio per me. E mi sono iscritta all’MBA in Bocconi”, riprende Squinzi. “Il master non è stato solo un momento di formazione, ma anche l’occasione per riflettere sulle mie scelte e la mia vocazione professionale. E anche per dimostrare di avere le qualità di leadership, comunicazione e change management necessarie per guidare, in futuro, una multinazionale”. Più merito, dunque, e meno quote rosa? “Anch’io l’ho pensato per un periodo, ma devo ammettere di essermi sbagliata: le quote rosa sono molto importanti per innescare un cambiamento che altrimenti non avverrebbe”, prosegue Squinzi. “Credo che l’essere donna sia un’utile leva strategica per scardinare lo status quo e per arricchire certi ambienti con le qualità tipiche del management al femminile. Tra le caratteristiche che personalmente cerco di valorizzare c’è un modello di leadership gentile nel quale credo molto e che non rinuncia a proporsi come autorevole e, se necessario, anche autoritario, ma senza lasciare che il ruolo prevalga sulla mia personalità”.